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Facci: Oscar al silenzio

Filippo Facci visto dal nostro Vasinca

Noi giornalisti siamo così fighetti da non essere nemmeno una corporazione. Su Belpietro il Fatto è l'unico a non scrivere una riga. Preferisce fare polemica con Riotta, Battista e Repubblica

Giulio Bucchi
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Siamo una masnada di fighetti neppure capaci di essere una corporazione, anzi peggio, siamo dei professionisti terminali e già «morti» come direbbe un qualsiasi Grillo. La Corte di Strasburgo ha sancito che il carcere per un giornalista - Maurizio Belpietro, nel caso - costituisce una sproporzione e una violazione della libertà di espressione. È una sentenza che farà giurisprudenza più di cento altri casi, più della nostra Cassazione, più degli estenuanti dibattiti parlamentari che da 25 anni non hanno mai partorito una legge decente sulla diffamazione. Il sindacato dei giornalisti si è detto soddisfatto e anche molti quotidiani cartacei (quasi tutti) hanno almeno dato la notizia, che resta essenzialmente una notizia: ora spiegatelo ai censori  del Fatto Quotidiano, a questi faziosi impregnati di malanimo che passano la vita a dare dei servi e chi non è affiliato al loro clan. Non una riga. Niente. Esistono solo i giornalisti amici loro. Oppure, ecco, ci sono i nemici, intesi come degli ossi da gettare ai lettori affamati: c'era una polemica, ieri in prima pagina, contro Gianni Riotta e Pierluigi Battista della Stampa e del Corriere; addirittura, poi, c'era un lagnoso boxino contro Repubblica che - orrore - aveva dimenticato di citare Il Fatto tra i premiati di «Macchianera Awards 2013», gli oscar del web. Una cosa gravissima, un'autentica violazione della libertà di espressione, da ricorrere a Strasburgo.  di Filippo Facci

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