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Cancro del rene, una patologiache colpisce di più il nord Italia

13.600 nuovi casi nel 2017, ma l'immuno-oncologia fornisce nuove armi a medici e pazienti per combattere questa grave neoplasia che troppo spesso viene diagnosticata in fase avanzata

Maria Rita Montebelli
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In Italia circa 130 mila persone convivono con un tumore del rene, una cifra che è aumentata del 31 per cento dal 2010 al 2017. Ma il dato che colpisce maggiormente è forse la distribuzione di questa patologia a livello geografico: dei 13.600 nuovi casi stimati nel 2017 la maggioranza è stata riscontrata nel Nord Italia, dove rispetto al Mezzogiorno, il numero di uomini colpiti è maggiore del 43 per cento e quello delle donne del 40 per cento. A fare la differenza è la dieta mediterranea, ricca di frutta e verdura fresca, che costituisce un fattore protettivo molto importante contro le neoplasie del rene. Oggi ci sono nuove armi nella lotta contro il tumore del rene. L'immuno-oncologia ha evidenziato importanti risultati positivi, consentendo di controllare a lungo la malattia anche nella fase metastatica, migliorando la sopravvivenza con una buona qualità di vita. In particolare, nivolumab è la prima molecola immuno-oncologica a dimostrare un beneficio di sopravvivenza in pazienti precedentemente trattati: il 39 per cento è vivo a 3 anni rispetto al 30 per cento di quelli che hanno ricevuto everolimus (terapia target). Un nuovo approccio che sta cambiando lo standard di cura di questa patologia. “I dati aggiornati a 36 mesi dello studio Checkmate-025 su 803 pazienti, che ha condotto all'approvazione della molecola ad aprile 2016 in Europa e a febbraio 2017 in Italia, confermano l'efficacia dell'immuno-oncologia – spiega il professor Giacomo Cartenì, direttore dell'oncologia medica dell'ospedale Cardarelli di Napoli – Sono risultati davvero importanti. Va inoltre considerato che le percentuali a tre anni, raggiunte grazie all'immuno-oncologia, tendono a mantenersi a lungo termine, come dimostrano i dati di sopravvivenza in altri tipi di tumore, come il melanoma. L'obiettivo è arrivare in poco tempo alla personalizzazione del trattamento che è sempre più articolato grazie alle continue innovazioni nelle conoscenze biologiche della malattia”. Il carcinoma a cellule renali a cellule chiare è il tipo a prevalenza più alta e costituisce l'80-90 per cento dei casi totali. “Sono diversi i fattori di rischio associati all'insorgenza di questa neoplasia – afferma il professor Camillo Porta dell'oncologia medica della Fondazione policlinico ‘San Matteo' di Pavia - in particolare il fumo, l'ipertensione arteriosa e l'esposizione occupazionale a cancerogeni chimici. Un ulteriore fattore di rischio importante è attribuito al sovrappeso, a cui va ricondotto il 25 per cento delle diagnosi: un dato preoccupante se consideriamo che il 31,7 per cento degli italiani over 18 è in eccesso di peso e il 10,5 per cento è obeso. Per questo, la lotta contro il tumore del rene parte dalla prevenzione e un ruolo chiave è svolto dalle campagne di sensibilizzazione e informazione”. Il 60 per cento circa delle neoplasie renali è individuato casualmente, come diretta conseguenza dell'impiego, sempre più diffuso, della diagnostica per immagini. “Un terzo dei pazienti arriva però alla diagnosi in stadio avanzato metastatico e in un terzo la malattia si sviluppa nella forma metastatica dopo l'intervento chirurgicocon limitate possibilità di trattamento – continua Cartenì - Quindi solo il 30 per cento dei casi guarisce grazie alla sola chirurgia. Nel cancro del rene la chemioterapia e la radioterapia si sono dimostrate, storicamente, poco efficaci”. “Importanti prospettive – sottolinea Porta - si stanno aprendo anche grazie alla combinazione delle molecole immuno-oncologiche. La combinazione dinivolumab e ipilimumab ha evidenziato in pazienti non trattati in precedenza un netto miglioramento dei benefici clinici rispetto allo standard di cura, con una riduzione del rischio di morte del 37 per cento. Non solo. La risposta obiettiva è quasi raddoppiata e la sopravvivenza libera da progressione ha raggiunto 11,6 mesi con la combinazione rispetto a 8,4 mesi con sunitinib”. Il dato emerge dallo studio di fase III Checkmate-214 che ha coinvolto 1082 pazienti con carcinoma a cellule renali avanzato pretrattato. Questo studio è stato interrotto anticipatamente lo scorso settembre perché ha raggiunto l'endpoint co-primario: la combinazione di nivolumab e ipilimumab ha infatti dimostrato una sopravvivenza globale superiore rispetto a sunitinib, in pazienti a rischio intermedio e sfavorevole. L'Agenzia europea delle medicine (Ema) ha recentemente validato la domanda di variazione di nivolumab in combinazione con ipilimumab per pazienti adulti con rischio intermedio/sfavorevole di carcinoma a cellule renali. (MATILDE SCUDERI)

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