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Trattativa Stato-Mafia, Caselli contro la Guzzanti: "Non si può fare cabaret su un tema così delicato. Dileggio gratuito"

Nicoletta Orlandi Posti
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«Le istituzioni italiane hanno paura della democrazia, si sceglie sempre un'altra strada: pur di evitare la democrazia, prendono decisioni che cercano di convincerci siano per il bene comune. Senza la trattativa sarebbe un Paese diverso, migliore, e probabilmente avremmo ancora con noi Falcone e Borsellino». Parola di Sabina Guzzanti, che ha portato alla 71ma Mostra di Venezia Fuori Concorso l'atteso e applaudito "La trattativa", dedicato appunto alla trattativa Stato - mafia. Parole che hanno fatto saltare sulla sedia Giancarlo Caselli. Il magistrato, che dopo le stragi mafiose del 1992 chiese di essere trasferito da Torino a Palermo, ha scritto al direttore del Fatto Quotidiano per dire la sua sul film. E la sua critiva è molto dura: "Raccontare con tecnica da 'cabaret' la pagina grave e oscura della mancata sorveglianza (certamente non addebitabile alla procura) e della conseguente mancata perquisizione del covo di Riina è offensivo e non può cancellare né far dimenticare gli importanti positivi risultati ottenuti in quei 7 anni di duro e pericoloso lavoro dagli Uffici giudiziari palermitani, in stretta collaborazione con le forze di Polizia". E ancora: "Non tenere conto di questo incontestaile dato di fatto, limitandosi a un piglio di dileggio gratuito equivale a rendere un pessimo servizio alla rigorosa e completa ricostruzione di quanto realmente accaduto che l'autrice del film ritiene essere rigorosa e completa". La replica - Sabrina Guzzanti da parte sua si difende: "Replicherò e martedì sarà pubblicata la mia risposta", scrive sul suo blog. "Caselli non ha visto il film", tuona la regista: "Mi è dispiaciuto molto perché ho raccontato la storia così come la racconta lui e se ci sono state delle omissioni sono state solo a suo favore, non per partigianeria, ma perché non c'era spazio per le considerazioni che scaturiscono dagli episodi che racconto". Intervistata dall'Huffington aveva detto: "Un film necessario, non era mai stata raccontata in forma cinematografica. La trattativa Stato-mafia non è uno scandalo come altri, ma una serie di avvenimenti del periodo delle stragi che cambia il corso della nostra democrazia. L'Italia, prima, era molto diversa; dopo invece cambia la cultura e la politica del Paese. Scompare anche l'opposizione, nel senso che rimane un involucro vuoto". Ne 'La trattativa' "si parla anche di Napolitano perché ha compiuto dei gesti "irrituali", cioè ha fatto pressioni sulla Cassazione e su Grasso per aiutare un indagato che poi è diventato imputato nel processo sulla trattativa Stato Mafia". Infine, conclude, "non è un film querelabile, secondo me".

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