L'editoriale
di Maurizio Belpietro
Qualche giorno fa, in seguito all'arresto di Milko Pennisi, segnalavamo il rischio che altri consiglieri del Pdl di Milano facessero la stessa fine, perciò invitavamo Silvio Berlusconi a guardarsi intorno e gettare le mele marce prima che lo facesse la magistratura. L'articolo non è passato inosservato. Innanzi tutto in consiglio comunale, dove tra i consiglieri è scattato il panico, e poi, cosa ben più significativa, ai vertici del Popolo della libertà. Prova ne sia il discorso del Cavaliere, che ieri ha annunciato norme anticorruzione più aspre e provvedimenti per cacciare dal partito chi non è immacolato. Naturalmente siamo contenti che il nostro consiglio di fare un po' di pulizia in casa sia stato accettato: significa che avevamo visto giusto. Così come non ci siamo sbagliati a proposito dell'inchiesta sulla Protezione civile. Quando ancora gli occhi di tutti erano puntati su Bertolaso, spiegammo che in realtà nel mirino c'era la squadra dei più stretti collaboratori del presidente del consiglio. Non riuscendo a colpire lui, l'operazione – fu il nostro avviso – mira a danneggiare la macchina del potere berlusconiano, mettendola fuori uso. Per questo dopo il capo della Protezione civile, ovvero il simbolo stesso dell'efficienza del governo, si è passati a Denis Verdini, il responsabile dell'organizzazione del partito. Ma già in quell'articolo prevedevamo che sarebbe stato aperto un terzo fronte, colpendo uno degli uomini più vicini al premier. Non facemmo nomi, ma la nostra allusione era evidente. Purtroppo non ci sbagliavamo e ne è prova la Repubblica di ieri, che, rompendo gli indugi ha sferrato un duro attacco a Gianni Letta. Lo si accusa in pratica di essere in combutta con la cricca degli appalti e di aver interessi diretti negli affari della Protezione civile. In sovrappiù gli si imputa di aver mentito sui lavori affidati agli sciacalli che la notte del terremoto se la ridevano. Come il nostro Franco Bechis dimostra, semmai è vero il contrario: è il quotidiano diretto da Ezio Mauro a mentire, perché nessuna delle imprese controllate da quei signori ha ottenuto alcun incarico per la ricostruzione dell'Aquila. Semmai a ottenere appalti sono state quelle imprese che, secondo le intercettazioni, sarebbero state sponsorizzate da Walter Veltroni, ma questo al giornale di Largo Fochetti non fa comodo dirlo. Che l'obiettivo di tutta questa straordinaria campagna sia, ancora una volta, Silvio Berlusconi lo rivela sempre Repubblica, con la penna del suo direttore, il quale se la prende con il premier. «Lo scandalo di Bertolaso è ormai lo scandalo Berlusconi». Se c'erano dubbi, ormai tutto è chiaro. Come decine di altre volte in questi anni, siamo di fronte a un'operazione che mira a metter fuori gioco l'uomo che ha sconfitto la sinistra e con lui la parte politica che ha vinto le elezioni. Quando si depositerà la polvere sollevata in questi giorni e si andrà alla sostanza delle cose si capirà che gran parte delle accuse erano funzionali a creare il polverone. Allora i veri responsabili di questa faccenda saranno visibili a tutti.