L'editoriale
di Maurizio Belpietro
Che Italo Bocchino fosse un tipo svelto, per me non è una novità. Come ho scritto in passato, conosco l'ex ragazzo prodigio del Movimento sociale da molti anni. Non da quando si faceva riprendere in calzoni corti al fianco di Giorgio Almirante, ma dal giorno in cui, allungati i pantaloni, stava incollato alle gambe di Pinuccio Tatarella, il più moderato e, soprattutto, più intelligente dei leader missini. Fu lui a farlo entrare in Parlamento, prima come suo portaborse e poi come suo portavoce. Intendiamoci: approdo meritato. Il ragazzo infatti è sveglio e lo testimonia il fatto che si è mangiato tutti i concorrenti, riuscendo a entrare nelle grazie del capo, Fini, nonostante questi da principio lo detestasse, perché troppo elegante e troppo berlusconiano. Ma Bocchino ci sa fare. Inoltre con il tempo ha conosciuto le astuzie della politica, acquisendo quella dose di cinismo e spregiudicatezza necessaria per far carriera in politica. Prova ne sia che ha buttato al vento l'amicizia ventennale con gli altri berluscones, Gasparri e La Russa, cui si era aggrappato dopo aver perso la protezione di Tatarella, causa improvvisa morte di Pinuccio. Tutto questo per dire che l'abilità con cui ogni giorno cannoneggia gli alleati, o quelli che lo erano fino a ieri e domani potrebbero ridiventarlo, non è una sorpresa. Italo è instancabile, spara un colpo al dì e il calibro del proiettile varia a giorni alterni. In quelli dispari abbassa i toni, prospettando accordi di pace tra il Cavaliere e Fini che diano continuità alla legislatura. In quelli pari invece tira ad alzo zero, dando l'impressione di non voler fare prigionieri. Ovviamente, anche nell'uso del bastone e della carota c'è del metodo, che finora gli è valso l'attenzione di stampa e tv, le quali attendono, ma più spesso sollecitano, il nuovo botto. L'ultima sparata è di ieri e credo, essendo giorno dispari, faccia parte degli zuccherini più che delle stangate. Bocchino, dopo aver detto venerdì che il gruppo finiano avrebbe votato al 95 per cento i cinque punti di Berlusconi, consentendo alla legislatura di concludersi normalmente, e avendo invece minacciato il contrario il giorno dopo con la nascita di un partito, ora lancia un'inedita alleanza tra Casini, Fini, Rutelli e spezzoni del Partito democratico. Un'ammucchiata contro natura, cui dovrebbe partecipare anche il Cavaliere, fresco di divorzio da Bossi. Un'idea furba, che consentirebbe a Berlusconi di proseguire indisturbato, ma privo della stampella leghista che tanto infastidisce il presidente della Camera e i suoi seguaci. Naturalmente Bocchino sa bene che unendosi a Udc, piddini e compagnia varia nascerebbe un mostruoso pentapartito, un Frankenstein governativo che farebbe impallidire la prima Repubblica, soprattutto se la guida, anziché a Berlusconi, fosse affidata a un reperto della diccì come Beppe Pisanu, transitato per tutte le correnti, compresa quella di Flavio Carboni. Italo sa anche che mai e poi mai il Cavaliere darebbe il via libera a un organismo geneticamente modificato come quello da lui proposto, anche perché significherebbe consegnarsi legato e bendato a chi gli vuol fargli la festa. Il braccio destro di Fini sa tutto questo, ma gli importa poco. Ciò che conta per lui è stare sulle barricate e sulle pagine, farsi vedere e attirare l'attenzione, minacciando e blandendo, lasciando credere di poter determinare le sorti delle maggioranze e delle minoranze: un po' come quelli che fanno rumore per sembrare di più. L'ho detto: l'uomo è furbo e ha talento. E fino a quando qualcuno non scoprirà che dietro di lui non c'è nessuno, neanche i compagni di partito, continuerà a sparare, divertendosi a fare lo stratega. Almeno fino al giorno delle elezioni. Allora si divertirà un po' meno.