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L'editoriale

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di Maurizio Belpietro

bonfanti ilaria
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Di quanto la stampa italiana sia libera e al di sopra delle parti, indipendente dai poteri forti, o marci come li definisce Roberto D'Agostino, abbiamo avuto prova in queste settimane. Mentre Libero e il Giornale snocciolavano giorno dopo giorno vicende dai contorni poco chiari che riguardavano il presidente della Camera, a cominciare dalla casa di Montecarlo per finire agli appalti della Rai passando per quelli della cricca, che facevano i colleghi che si riempiono la bocca con il diritto all'informazione? Chiudevano gli occhi. Come tante scimmiette ammaestrate il Corriere della Sera, la Repubblica, la Stampa e il Fatto quotidiano decidevano di non vedere, non sentire e non parlare. Ah sì, lo so: diranno di essersi occupati dei casi di Gianfranco Fini ciascuno con qualche servizio, aggiungendo di aver vergato editoriali in cui si invitava la terza carica dello Stato a fare chiarezza. Certo, quei corsivetti anonimi li ricordo bene. Venti righe per Repubblica, qualcuna in più per il Corriere. Il problema è che poi tutto si è fermato lì. Dopo aver chiesto timidamente al presidente della Camera di fornire qualche delucidazione sull'eredità sparita, le quattro scimmiette si sono accontentate della totale oscurità, evitando di reiterare la richiesta e soprattutto rinunciando a informare i propri lettori di tutto quel che è venuto in seguito alla casa di Montecarlo. Ovvero gli appalti della Rai e l'intervista di un ex amico carissimo di Fini, il quale lamentava di essere stato messo da parte dopo aver detto no alle pressioni per favorire Giancarlo Tulliani. Silenzio pure sulle telefonate della segretaria di Fini e l'imprenditore che rideva la notte del terremoto (ma mi volete dire dove sta la differenza tra queste e quelle intercorse tra Verdini e qualche altro faccendiere, se non che quest'ultime non sono servite a niente?). Bocche cucite sulle liste degli appalti portate a Montecitorio e black out totale sul racconto dell'ex cassiere di Sardella, il quale riferisce un mucchio di fatti poco commendevoli che hanno per protagonista il presidente della Camera. Niente, alla cortina di ferro della censura non è sfuggita neppure una domandina timida su che fine ha fatto il cognatino, dopo che in pieno agosto si era assicurato il suo pronto rientro per chiarire ogni dubbio. E adesso che Fini ha deciso di far calare il sipario sulle sue vicende controverse, la stampa si adegua. Naturalmente, io capisco che certe notizie mettano imbarazzo, soprattutto se si è deciso di appoggiare una certa parte politica a danno di un'altra. Comprendo perfino che il Cavaliere stia sulle palle a gente che conta, da noi e all'estero, perché ritiene che Berlusconi si dia troppo da fare con Gheddafi e Putin, rovinando i loro affari e facendoli fare all'Italia piuttosto che a loro. Mi è chiara ogni cosa, anche che in politica e nel business non si guarda in faccia a nessuno e se serve si gioca sporco, alleandosi pur di vincere con il diavolo, anche quando questi ha la faccia di uno a cui fino all'altro ieri non si sarebbe neppure stretta la mano, figuratevi farlo entrare nel salotto buono o pensare di dar vita a un governo con lui. Insomma, sono un uomo di mondo e non mi stupisco di niente. Però care scimiette, a pensarci bene, la volta prossima, invece di fare tutta quella caciara denunciando la legge bavaglio che nega la libertà di stampa, evitate: perché il bavaglio ve lo siete già messi da soli. E vi sta pure bene.

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