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L'editoriale

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di Maurizio Belpietro

Michela Ravalico
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Essendosi innervosito durante la puntata di Annozero di giovedì scorso, Marco Travaglio ha vergato ieri un articolo teso a dimostrare che il Fatto Quotidiano va a gonfie vele, mentre le vele di Libero sono sgonfie. Mettiamo subito in chiaro una cosa. Il nostro quotidiano è su piazza da una decina di anni e i suoi conti sono in ordine. Le vendite (100 mila copie) e gli introiti sono certificati perché ogni anno vengono depositati oltre che in tribunale anche al dipartimento dell'editoria di Palazzo Chigi. Le cifre del Fatto invece per ora sono presunte, nel senso che essendo il giornale di Padellaro appena nato, non è disponibile neppure un bilancio completo e dunque per ora quelle di Travaglio sono solo parole. Vedremo con il tempo se ha detto il vero oppure, come ogni tanto gli capita, ha fatto satira. Di sicuro, per quel che ci riguarda, ha raccontato almeno un paio di balle. La prima è quella sul contributo pubblico, senza il quale secondo Travaglio Libero non starebbe in piedi. Se facesse ancora il giornalista e non il comico, Marco potrebbe agevolmente telefonare al dipartimento dell'editoria per scoprire che il nostro giornale non percepisce un euro di denaro pubblico dal 2007 e ciò nonostante sta in piedi senza problemi e con soddisfazione dei quasi 400 mila lettori (dati Audipress). Seconda balla. Il vicedirettore del Fatto scrive che a tenerci in piedi è la pubblicità raccolta da Visibilia, e fa capire che senza di essa Libero dovrebbe licenziare la metà o forse più dei suoi giornalisti. Travaglio non si è accorto che la società di Daniela Santanchè non è più la nostra concessionaria perché una società concorrente ci ha offerto un contratto migliore e l'editore è stato ben lieto di accettarlo. Segno evidente che la Santanchè non regalava nulla, ma che il mercato pubblicitario è interessato a Libero. Tutto ciò dimostra una sola cosa ovvero che se a Marco le notizie non le passano i suoi amici giudici, non ne azzecca una.

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