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L'editoriale

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di Maurizio Belpietro

Giulio Bucchi
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Votare sarebbe un rischio mortale per l'economia. Così per lo meno sostengono quanti vedono le elezioni come fumo negli occhi. A loro dire i mercati finanziari non capirebbero e il pericolo di una speculazione contro il nostro Paese potrebbe farsi concreto, precipitandoci nella situazione in cui versano la Grecia e l'Irlanda. E poi si perderebbe tempo, mancando di dare il via alle misure necessarie a far ripartire l'Italia. Sicché, per il partito del non voto, tornare alle urne ci porterebbe direttamente alla bancarotta o giù di lì. Gli improvvisati economisti dimenticano di dire però un paio di cosette, tutt'altro che secondarie. È vero, una crisi di governo metterebbe un po' in agitazione gli investitori di professione, ma non necessariamente in negativo. Innanzitutto le quotazioni del nostro debito pubblico hanno già scontato la turbolenza politica che regna nel nostro Paese da oltre un anno. E poi chi deve scegliere dove mettere i soldi potrebbe anche giudicare le elezioni un cambiamento salutare rispetto al pantano in cui l'Italia si dibatte da mesi. Voglio dire: tra una legislatura con le mani legate e una campagna elettorale che porti a un governo che governa, non è detto che i mercati scelgano la prima. Insomma, meglio tre mesi di chiacchiere e poi un esecutivo che si rimbocca le maniche piuttosto che un paio d'anni passati a vivacchiare. È questa la motivazione per cui anche uno attento all'euro come Tremonti, pare più orientato a scommettere sul voto che sulla durata della legislatura: dal punto di vista tecnico è difficile dargli torto. Ma c'è anche un'altra buona ragione per non guardare con terrore il ricorso alle urne e consiste in ciò che racconta nell'articolo a pagina 3 il nostro Sandro Iacometti. Un governo che ha una maggioranza risicata non campa gratis, ma costa e pure tanto. Tutti i peones parlamentari, sentendosi indispensabili per la tenuta della maggioranza, si crederanno infatti legittimati ad alzare il prezzo. Che una volta è un finanziamento a un collegio elettorale, poca roba, altre è una leggina che sistema le esigenze di intere categorie. Per sopravvivere, un governo con l'acqua alla gola ha bisogno di tutti i galleggianti che riesce a recuperare e se questi hanno un prezzo alto non può fare a meno di pagarlo. Iacometti ha provato a fare un conto di quanto ci si appresta a spendere per tener buoni i parlamentari di Noi Sud e di quel che è stato stanziato per contentare quelli dell'Udc con il quoziente familiare. La cifra finale fa spavento. La somma infatti già raggiungerebbe i 16 miliardi di euro, ma non è detto che nei prossimi mesi non lieviti. Ciò dimostra quanto siano fragili le ragioni di coloro i quali dicono che votare sarebbe un danno. Il guaio vero è far finta di niente. Con la differenza che le elezioni si sa subito quel che vengono a costare, mentre il conto del rinvio ci arriverebbe fra un anno o due, quando meno ce l'aspettiamo. E sarebbe una brutta botta.

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