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L'editoriale

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di Maurizio Belpietro

Giulio Bucchi
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Giuro, ieri mattina quando ho dato un'occhiata alla prima pagina del Giornale, pensavo di sognare. Feltri che, come un Napolitano qualunque, ha cambiato bandiera? «Il giornalista (sì, c'era scritto proprio così: non il direttore, l'uomo che ha guidato fino a ieri il nostro quotidiano e per il quale abbiamo raccolto le firme antibavaglio, ma il giornalista, quasi si trattasse di uno dei tanti cronisti) rinnega il berlusconismo: Silvio non ha le qualità per andare al Quirinale né deve ricandidarsi». E dove le ha dette quell'ostrega del mio socio queste belinate, mi sono chiesto. Confesso, in principio ho temuto in un brindisi di troppo in occasione delle festività d'inizio anno. Poi ho capito: si trattava dell'intervista pubblica a Cortina, la stessa che noi di Libero pubblicavamo a pagina 6 e 7. Ma Feltri, a parte una battuta sul Quirinale e le escort, in quella chiacchierata di fronte a centinaia di persone non aveva affatto rinnegato il berlusconismo. Anzi: ne aveva celebrato le qualità, riconoscendo che senza il Cavaliere la nostra sarebbe una democrazia zoppa. E poi Vittorio mai aveva sostenuto che il premier non dovesse ricandidarsi. In breve, tutto mi è stato chiaro: il Giornale aveva semplicemente scritto il falso, esattamente come una settimana prima, quando, nel tentativo di denigrarmi, si era spinto a sostenere che l'agente della mia scorta era stato incriminato e trasferito. Allineandosi ai Santoro, all'Unità e al Fatto di Travaglio, il Giornale che ho condiretto e diretto per quasi quindici anni insinuava che la sparatoria di fronte a casa mia fosse tutta una messinscena. Neanche la Procura, che pure non credo mi abbia in particolare simpatia, si era spinta a tal punto. Evidentemente a Sallusti, subentrato a Feltri, non doveva essere piaciuto molto che Vittorio ed io ci fossimo rimessi insieme, come ai vecchi tempi, per rilanciare Libero. A quanto pare la ritrovata unione doveva averlo messo in agitazione, così da indurlo a pubblicare falsità e attacchi gratuiti, come quello in cui si accusava l'ex direttore di aver fatto un giornale troppo schierato. A quanto pare sono bastati quindici giorni per dimenticare i meriti di Feltri e, se permettete, immodestamente anche i miei. Per quasi vent'anni abbiamo difeso il Cavaliere quando nessuno lo voleva difendere. Mentre Sallusti custodiva gelosamente l'avviso di garanzia contro di lui, al fine di dargli a mezzo stampa una fucilata il giorno prima del G7, noi accusavamo la procura di volerlo eliminare per via giudiziaria. Eppure adesso qualcuno vorrebbe ergersi a paladino di Berlusconi. Prego, si accomodi. Noi continueremo a difendere il Cavaliere e il centrodestra tutte le volte che sarà giusto farlo, senza tentennamenti ma senza neppure i paraocchi. Perché siamo berlusconiani, ma non stupidi. Ora però sarà meglio far parlare Vittorio che, seppur imbavagliato dall'Ordine, alle mie domande almeno può rispondere. Allora, caro Vittorio, il Giornale di ieri ti accusa di aver cambiato bandiera, domandandosi se Bocchino e Di Pietro possono contare su un nuovo alleato. Sei per caso diventato antiberlusconiano? «In questo Paese è impossibile essere antiberlusconiani senza avere una vocazione al suicidio. Se non ci fosse Berlusconi bisognerebbe inventarlo perché senza di lui finiremmo nelle mani bucate della sinistra più cialtrona d'Europa. Nel 1994 Silvio salvò l'Italia dalla sgangherata macchina da guerra di Occhetto Achille, e da allora ha continuato con successo a rendere decente la nostra democrazia. Di questo dobbiamo ringraziarlo. Non riconoscere i meriti del premier significa essere in malafede. Ovvio che gli ex comunisti e i fascistelli finiani non digeriscano Silvio. Finché lui esiste loro non esistono. Bocchino e Di Pietro hanno molti alleati a sinistra, si accontentino. E non contino su di me. La mia stima per Berlusconi però non è incondizionata, non lo considero un Dio, quindi se sbaglia glielo faccio notare, e siccome non è infallibile è accaduto spesso che l'abbia criticato. Seguiterò a farlo. Un vero amico se hai una fogliolina di prezzemolo sui denti te lo segnala; un lacchè invece sta zitto e ride sotto i baffi. Io sono un vero amico del Cavaliere dalla prima ora, perciò gli ho detto a chiare lettere che è un errore maltrattare Tremonti, che è un grande ministro cui dobbiamo la tenuta del nostro sistema. Guai a rinunciare a uno come lui». A Cortina hai detto che non ti auguri Berlusconi presidente della Repubblica e hai ironizzato sulle escort. Non rischi di dar ragione a Repubblica e a tutti gli antiberlusconiani? Una battuta sbagliata? «Quelli della Repubblica pretendono di eliminare Berlusconi con qualsiasi mezzo (la giustizia ingiusta, il gossip, le montature) eccetto il voto. Sospetto che se ne infischino della sovranità del popolo. O meglio: hanno addirittura schifo del popolo. Dirò di più. Preferirebbero mandare l'attuale premier al Quirinale piuttosto che vederlo confermato a Palazzo Chigi dove, bene o male, può governare. Al Quirinale uno come Silvio sarebbe ingabbiato, quindi dimezzato, quasi innocuo. Per questo insisto: lui non deve lasciarsi indurre in tentazione. Stia lontano dai corazzieri e dalle loro pompe. E rimanga capo del governo. Nessuno quanto lui è bravo a raccattare voti e a tenere insieme la banda del centrodestra. Inoltre, te lo figuri Berlusconi che organizza feste nel Palazzo che fu dei papi e dei re, tra ragazze svelte, bunga bunga e magari qualche mignotta infiltrata che registra focosi amplessi? La sinistra e la Repubblica ci marcerebbero alla grande: servizi fotografici, intercettazioni, verbali, scandali internazionali. Perché rischiare? Non solo. Mettiamo che Berlusconi si pieghi a fare il capo dello Stato. Tremo al pensiero del suo successore a Palazzo Chigi. Chi potrebbe essere? La Prestigiacomo? Suvvia, non facciamo ridere». Senti Vittorio, tu ed io abbiamo sostenuto Berlusconi per quasi vent'anni, difendendolo nei momenti peggiori, anche quando tutti gli altri gli davano contro. Ci vedi nella parte di quelli che voltano gabbana e passano con il nemico? «Caro Maurizio, nella vita può capitare perfino di passare al nemico. Ma se passassimo dal Cavaliere a Bocchino più che traditori saremmo deficienti. La verità è che Berlusconi, pur non essendo un faro che illumina il nostro cammino, è nettamente meno peggio (o meglio) di tutti quelli che lo combattono animati da pregiudizio, dall'invidia e dall'odio perché è ricco, potente, capace di parlare alla gente della quale conosce l'animo e forse anche l'anima». Il Giornale però scrive che tu avresti rinnegato il berlusconismo. Dimmi sinceramente: cosa pensi di Berlusconi e del suo operato? «Il Giornale ha preso un granchio, mi ha attribuito frasi che non ho detto né pensato. Sarà stato l'effetto dello spumante o della disperazione. Non so. Non ho telefonato al mio amico Sallusti per chiedere spiegazioni. Da lui mi aspetto solo delle scuse. Quanto all'operato di Berlusconi ripeto ciò che ho sempre detto. Ha fatto miracoli pur dovendosi confrontare con istituzioni obsolete e colleghi di basso profilo, poltronisti e mestieranti. Ha un medagliere invidiabile. Ma non è stato in grado di compiere la rivoluzione liberale che aveva promesso agli elettori. Non ha liberalizzato un tubo. Ha governato con la paura di perdere consensi e, per non scontentare nessuno, ha scontentato - più o meno - tutti. Elenco le occasioni perdute: non ha riformato la giustizia, non ha eliminato l'articolo 18, non ha portato l'età pensionabile a livelli europei, non ha abolito gli enti inutili e nemmeno quelli dannosi, non ha ridotto l'esercito burocratico, non ha semplificato la legislazione, ha fatto poco contro l'evasione fiscale macroscopica (che al Sud raggiunge vette del 70 per cento), non ha riformato il fisco, non ha fatto le grandi opere e neppure quelle piccole. Mi fermo per non tediare. Aggiungo solo che le case popolari non sono state costruite sicché gli affitti mangiano il reddito di chi non ha un appartamento di proprietà. Sottolineo che molti italiani hanno mutui asfissianti. Li hanno dovuti accendere perché non avevano la possibilità di occupare alloggi a pigione agevolata. Però si potrebbero ricordare tante buone cose fatte dai governi Berlusconi. La più importante: l'Italia, crisi o no, crescita o no, è il Paese al mondo in cui si vive meglio. Meglio che in Inghilterra, in Spagna, in Germania, in Grecia». Ma si può sostenere Berlusconi criticandolo quando si ritiene che stia sbagliando? «Solo un vile o uno che gli vuole male non critica Berlusconi quando lo merita. Forse che un interista o un milanista non fischia la sua squadra quando gioca da cani?». Tu credi sia giusto attaccare Tremonti, dandogli del Giuda o del Fini? «È assurdo, anzi ingeneroso dare addosso a Tremonti. Accusarlo poi di essere un emulo di Fini è immorale». Vogliamo dire anche quel che pensi a proposito di Fini, Bocchino e Di Pietro, i tuoi presunti alleati? «Sono stato il primo a smascherare Fini, nel 2009, a settembre. Ho scritto articoli sulle sue sbandate a sinistra e contro Berlusconi e il PdL e la Lega che riletti oggi fanno impressione: li definirei profetici». Perché Sallusti ce l'ha tanto con te? Si vendica perché a Cortina hai punzecchiato anche lui? «A Sallusti ho fatto solo del bene, e lui ne ha fatto a me aiutandomi con slancio. Non so perché abbia perso l'equilibrio. Gli consiglio di calmarsi. Non è scrivendo che ho cambiato bandiera che avrà successo. Non è abbassando il tuo prossimo che diventi più grande di lui». Qualche volta anche io e te ci siamo punzecchiati, ma non siamo mai arrivati a questi livelli... «Noi due ci siamo punzecchiati tante volte e potevamo evitarlo. Ma almeno prendevamo spunto dalle cose vere. Qui siamo di fronte a una montatura. Chi desidera verificarlo dia un'occhiata al nostro sito internet che riproduce l'intervista integrale che ho rilasciato a Cortina al bravissimo Marino Bartoletti». Quando hai detto: “Ho lasciato il Giornale cinque minuti fa e mi sta già sui coglioni” hai un po' esagerato? «La battute vanno contestualizzate. Questa l'ho detta durante la conferenza stampa in cui si ufficializzava il mio passaggio a Libero accanto a te. Si parlava di concorrenza. E io per sdrammatizzare ho citato una gag di Pozzetto in un film spassoso: cinque minuti che sono povero e i ricchi mi stanno già sui coglioni. Intendevo dire che quando ci si toglie una maglia e se ne mette un'altra, immediatamente si entra nella parte e si gioca al massimo anche contro la propria ex squadra. Tutti hanno capito il senso meno Giordano, che ha riportato a fini strumentali la battuta, privandola dei contorni che la giustificavano». Prima un attacco contro di me, sostenendo falsamente che l'agente della mia scorta sarebbe stato incriminato e trasferito dopo aver sparato a uno sconosciuto fuori casa mia, poi le critiche di Mario Giordano, quindi l'attacco a te. Ma che sta succedendo al Giornale? «Sono basito. L'attacco a te non l'avrebbe fatto neppure Santoro nei suoi momenti peggiori. Giordano poverino si vede che non sta bene, l'ho visto un po' pallido anche nella scrittura. E questa storia che sarei diventato antiberlusconiano è una furbata indegna di un professionista. Capisco che uno abbia ambizioni, l'importante però è esserne all'altezza». Ti hanno spesso accusato di usare il metodo Boffo: Sallusti usa il metodo Boffo contro di te? «Già, il metodo Boffo. È stata un'opera collettiva di cui solo io ho pagato le spese parando le chiappe a varie persone. Non oso dire di più». Pensi che sia stato Berlusconi a dire a Sallusti di attaccarti? «Escludo che Berlusconi, conoscendomi, abbia organizzato una simile nefandezza». Vogliamo dire che Libero faremo? Se contro o a favore di Berlusconi? «Noi due la pensiamo allo stesso modo. Stiamo con Berlusconi non per un atto di fede, ma perché siamo consapevoli che, nonostante tutto, è più affidabile degli altri. Libero sarà libero di tirargli le orecchie e speriamo di non doverlo fare spesso».

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