Cerca
Cerca
+

L'editoriale

default_image

di Vittorio Feltri

Andrea Tempestini
  • a
  • a
  • a

Al momento non crediamo sia importante stabilire chi abbia ragione e chi torto tra il ministro ai Beni culturali Galan e il ministro all'Economia Tremonti. Il problema oggi, a meno di un mese da elezioni amministrative, è non dare l'impressione che il Pdl sia una gabbia di matti. Ma pare che nel partito pochi o nessuno sentano l'esigenza di spegnere lo spirito polemico che minaccia di bruciare il patrimonio di consensi ancora attribuibile all'armata Berlusconi. La stura alle ultime schermaglie è stata data dall'ex governatore del Veneto, che in una intervista ha manifestato senza ritegno il proprio risentimento nei confronti del “tesoriere” del governo, a suo giudizio responsabile di una politica socialista (in contrasto con l'idea liberale costitutiva di Forza Italia e del Pdl) destinata a provocare disamore negli elettori. Un attacco virulento che ha costretto il Cavaliere a difendere Tremonti per dimostrargli che Galan ha parlato a titolo personale e non ha interpretato il pensiero della presidenza del Consiglio. Incidente chiuso? Presto per dirlo. Ma è difficile che le parole del titolare dei Beni culturali cadano nel dimenticatoio. Il ministro all'Economia non è tipo da incassare in silenzio. Vedremo. Una cosa è certa. Lui è un personaggio di spicco, stimato in Italia e all'estero per il lavoro svolto a salvaguardia dei conti pubblici. Cercare di scaricarlo addossandogli colpe non sue non è stata una brillante operazione, non ha giovato alla reputazione del governo che, pur tra mille difficoltà (note), è riuscito nella non facile impresa di reggere alla devastante crisi mondiale. Inoltre, è ingiusto insinuare, come ha fatto Galan, che una eventuale sconfitta elettorale del Pdl recherebbe la firma di Tremonti. Del quale si può dire tutto tranne che non sappia fare il proprio mestiere. La vicenda ha sconcertato non solo i simpatizzanti del centrodestra, ma anche i dirigenti del Pdl che ora non capiscono più con chi devono stare: con l'attaccante o con l'attaccato? Questa storia non ci voleva. Con tutte le grane che angustiano la maggioranza e il Paese, con le traversie che inquietano il premier (processi, agguati, molestie) e i suoi sostenitori, si pretendeva dagli esponenti di maggior rilievo del Popolo della libertà più disciplina, rispetto delle forme e attenzione al bene comune. Niente di ciò. Nel partito prevale la sgangheratezza dei comportamenti e l'interesse individuale. Ciascuno pedala per conto proprio, tentando di assicurarsi posizioni di privilegio e continuità di carriera, come se la politica fosse soltanto un affare e non anche, e specialmente, un servizio da rendere ai cittadini. Ogni giorno una lite, una riunione (di congiurati?) sospetta, una dichiarazione acida riguardante un collega. Ecco perché lo sfogo di Galan ha assunto una valenza che, probabilmente, va oltre le intenzioni del ministro alla Cultura. Il quale forse mirava non tanto a colpire Tremonti quanto a sollecitare il premier a ristrutturare il partito allo scopo di renderlo idoneo ad affrontare la “prova alle urne” e gli impegni governativi prossimi. Sia come sia, l'effetto delle ricorrenti baruffe è fortemente negativo: gli italiani sopportano tutto eccetto lo spettacolo indecente offerto da uomini che, invece di occuparsi del Paese, s'azzuffano per strapparsi il potere. La nostra non è una reprimenda ma una preghiera: smettetela di esibire il peggio di voi e datevi da fare almeno per meritare il voto che anche stavolta vi daremo. Per mancanza di alternative. Davanti a un deficit di efficienza è gradita, se non altro, la buona educazione.

Dai blog