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Stangata Iva, sale di due punti: botta da 700 euro a famiglia

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Italiani sempre più poveri, imposta sul consumo al 23%. Rivolta Pdl: "Così saliranno inflazione e pressione fiscale"

Giulio Bucchi
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La levata di scudi del Pdl è decisamente giustificata. Aumentare ancora l'Iva dal 21% al 23% è una mossa pericolosa. Tuttavia, il Governo non ha dubbi: a ottobre, come ha ammesso il viceministro dell'Economia Vittorio Grilli, scatta l'ulteriore aumento dell'imposta sui consumi. Dopo il giro di vite di fine 2011 (col passaggio dell'aliquota dal 20% al 21%), dunque, famiglie e imprese si preparano a un'altra, sonora stangata. L'Esecutivo di Mario Monti di muove con  incertezza su molti terreni (come quello delle liberalizzazioni) e, allo stesso, pare disposto al confronto su altri fronti (è il caso della riforma del lavoro). Ma quando si tratta di tributi, non ci sono tentennamenti. Così, la manina fiscale dei professori della Bocconi di stanza a palazzo Chigi si allungherà ancora (e a fondo) nelle tasche degli italiani. Onesti e furbetti, perché quando si fanno acquisti l'Iva viene pagata, salvo clamorose forme di evasione, da tutti e nella stessa misura. L'incremento al 23% dell'Iva in agenda per autunno non era un obbligo di legge, come ha lasciato intendere Grilli martedì sera in tv. La questione, infatti, ruota attorno alla riforma fiscale e, nel dettaglio, alla revisione delle agevolazioni e delle detrazioni per lavoratori e famiglie. L'intenzione è dare una netta sforbiciata e l'aumento Iva era stato prospettato, in questo contesto, come una clausola di salvaguardia. Da far scattare solo  di fronte alla necessità di garantire copertura finanziaria e parità di gettito. C'è da dire che  appena il mese scorso il premier  Monti aveva rassicurato: «È possibile» che a settembre l'Iva non aumenti: «Le clausole di salvaguardia erano dei buchi nei quali si poteva andare a cadere. E una parte della durezza del decreto Salva Italia era dedicata» a evitarlo. Il problema era insomma garantire la tenuta del percorso di rientro del deficit ed evitare (come previsto dal precedente Governo di Silvio Berlusconi) di mettere mano ad una sforbiciata indistinta alle detrazioni fiscali. L''intenzione espressa da Monti,  da molti del Governo e del Parlamento era comunque di evitare la mazzata. Ora però Grilli - che ha in mano le chiavi dei conti del Paese -  taglia corto e conferma che lo scatto in avanti ci sarà. Nessun piano «B» da percorrere, peraltro, è stato indicato dal Governo. E scatta così l'allarme di molti. Perchè è di palmare evidenza l'impatto che questa misura avrà sui portafogli, dunque sui consumi e sulle possibilità di ripresa. E veniamo così ai conti e ai bilanci delle famiglie. Il Codacons ha calcolato che l'aumento dell'Iva dal 21% al 23% significherà una stangata per la famiglia media da 2,5 componenti di 352 euro annui e di 418 euro per una famiglia di 3 persone. Insomma una «scelta sciagurata», ha affermato il Codacons. Un'altra associazione, Adoc, fa salire il conto fino a 700 euro. Anche nel Pdl, come accennato, hanno storto il naso: «Ci stupiamo delle parole del viceministro Grilli»  ha detto  l'ex sottosegretario all'Economia, Luigi Casero, di solito piuttosto silenzioso quando era a via Venti Settembre.   «L'aumento - ha spiegato l'esponente del Popolo delle libertà -  porterà a un ulteriore incremento dell'inflazione e comunque a un aumento della pressione fiscale». Posizione condivisa dal vicepresidente della Camera, Maurizio Lupi (Pdl). Per la Lega Massimo Fugatti ha spiegato che «l'aumento ricadrà ancora una volta sui cittadini e sugli acquisti, che subiranno una nuova contrazione dilatando il periodo recessivo». Molto arrabbiati anche i rappresentanti degli esercenti: «con un Paese in recessione e i consumi in stallo, - dice Confesercenti - l'ulteriore aumento allontanerà sempre di più la crescita gelando di nuovo i consumi». E secondo Confcommercio l'aumento al 23%, in particolare, comporterà «non solo la riduzione del volume dei consumi, il cui profilo evolutivo appare già oggi molto negativo, ma ridurranno anche il potere d'acquisto, i redditi percepiti e la ricchezza messa da parte dalle famiglie».  Per capire bene di cosa si tratta basti pensare che l'aumento scatterà - ha spiegato Coldiretti - (dal 21 al 23%) per prodotti di largo consumo come l'acqua minerale, la birra e il vino, ma anche specialità come i tartufi mentre a quello dal 10 al 12% sono interessati dalla carne al pesce, dallo yogurt alle uova ma anche il riso, il miele e lo zucchero. di Francesco De Dominicis twitter@DeDominicisF

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