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Tra stagionalità, tecnica e rispetto della tradizione: la cucina di Chef Mauro Sgroi
lunedì 29 dicembre 2025

Tra stagionalità, tecnica e rispetto della tradizione: la cucina di Chef Mauro Sgroi

Orchidea Colonna
5' di lettura

La cucina contemporanea è oggi un terreno di dialogo continuo tra innovazione e memoria, tecnica e sensibilità personale. In questa intervista, lo chef Mauro Sgroi, Executive Chef dell'Hotel Cavalieri, Hotel The Square e The Roof Milano Bar & Restaurant, racconta il suo percorso professionale e la sua visione gastronomica, maturata tra solide radici italiane e una formazione tecnica affinata in Francia. Dalla progettazione di menu stagionali e sostenibili al rispetto dei grandi piatti della tradizione, fino alla sperimentazione con la cucina vegetale, le fermentazioni e la cucina molecolare. 

Come affronta la progettazione dei menu stagionali o a tema (ad esempio legati a verdure, periodi dell’anno, festività), in termini di selezione delle materie prime, costi, logistica e sostenibilità?  
"Per quanto riguarda la progettazione dei menu, ovviamente cerco sempre di seguire per quanto possibile la stagionalità delle materie prime, verdura e frutta in primis, ma anche del pesce (anche se non tutti lo sanno). Scegliere i prodotti per stagione vuol dire massimizzare il sapore dello stesso e minimizzare i costi di produzione, trasporto e anche della conservazione. Siamo in un’epoca dove la sostenibilità è sempre più protagonista delle nostre scelte ed è doveroso dargli un occhio di riguardo".

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Ha affinato la sua tecnica in Francia, imparando anche “l’arte delle salse”. Quale scuola o chef francese l'ha influenzata di più, e quale tecnica francese usa oggi nei suoi piatti? 
"Gli chef francesi che mi hanno influenzato di più li ho ritrovati in quasi tutti gli artefici della nouvelle cuisine. Crescendo professionalmente li ho riscontrati in Alain Ducasse (per la sua semplicità e tecnica) e Yannik Alleno (al contrario, per la complessità e la tecnica)".
In contesti di cucina contemporanea e di tradizione come la sua, come decide quando reinterpretare un piatto classico (ad esempio un risotto con ossobuco) e quando mantenerlo tradizionale?  
"Come già detto in passato, quando si tratta di cucinare, tendo a non stravolgere mai un piatto tradizionale, come ad esempio proprio il risotto con l’ossobuco. Cerco sempre di presentarlo come vorrei che fosse servito a me se vado a mangiarlo fuori e così deve essere. Ci possono poi essere delle particolari eccezioni che ti portano a doverlo modificare, come per esempio un cliente vegetariano o qualcuno che vuole una fonduta di formaggio sul risotto Milano, ma io mi chiedo sempre “perché devo rovinare un piatto già perfetto di suo?” Per tutti gli altri piatti si può dare forma e spazio a tutte le interpretazioni che si vogliono, basta seguire la logica e avere a mente che risultato si vuole ottenere". 

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Qual è il suo approccio alla cucina vegetale/vegetariana/vegana: quali tecniche impiega per costruire piatti complessi e bilanciati in assenza di carne o pesce, e come li inserisci nell’identità di una cucina raffinata come la sua?  
"La cucina vegetariana e vegana è anch’ esso diventato un tema non banale e scontato nel mondo di oggi e mi diverte tantissimo, la prima più della seconda. Spesso mi piace mettermi nei panni delle nostre nonne, o anche prima, in epoca in cui poter assumere proteine animali era raro e un lusso. É un po’ su questo che è nata in me la consapevolezza e la voglia di poter cucinare qualcosa e ottenere un risultato ottimo senza dover aggiungere della carne. Nella cucina vegetariana se hai un minimo di fantasia puoi ottenere risultati dove cambiando semplicemente consistenza, forma e colori, ottieni risultati straordinari. Personalmente mi piace molto usare giochi di contrasti di temperature, colori, aumentare l’acidità, usare le varie tecniche di fermentazioni per ottenere sapori più complessi e strutturati. Nella cucina vegana invece la cosa è un po’ più difficile, ci vuole tempo e conoscenza per ottenere risultati ad hoc".

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Quali sono le difficoltà maggiori quando cucina per tanti ospiti e come garantisce la stessa qualità del servizio à la carte? 
"Quali sono le difficoltà maggiori quando cucino per tanti ospiti? Sicuramente gli spazi. Fare tanti coperti in un ristorante vuol dire usare ogni centimetro dei banchi da lavoro. Non è tanto per la preparazione che c’è dietro, ma proprio per una necessità di servizio. Serve spazio per cucinare, spazio per il pentolame e strumenti vari. E le stoviglie? Sapete cosa vuol dire avere a che fare con un servizio a la carte e nel mentre avere 2/3 o anche 4 banchetti/eventi? Vuol dire usare ogni singolo centimetro per incastrare tutti i tasselli che ti permettano di portare a termine il tuo lavoro senza intoppi. Ovviamente quando si parla di grandi numeri, è fondamentale avere continuamente un dialogo con il maître, chef de rang e tutto l’organico che c’è dietro ad una sala ristorante per rispettare le tempistiche e fare in modo che i nostri ospiti si sentano al top!".
Quali sono i suoi piatti iconici che propone in un menù che la rappresenta?  
"É difficile per me dire quali sono i piatti iconici che più mi rappresentano. Ho servito un riccio di mare con vari condimenti a base di salsa di soia su un piatto che riprendeva il fondale marino, con vari tipi di alghe e ho usato il ghiaccio secco che creasse un po’ “un effetto wow”. Ho servito una crema di cipolla, creando giochi di acidità e consistenze all’interno della cipolla stessa cotta in forno e scavata nell’interno, servendo il tutto su del sale grosso. Anche lo stinco di agnello cotto a bassa temperatura con consistenze di patate dolci è un piatto che potrebbe rappresentarmi". 
Quando è a casa cosa le piace mangiare?  
"Quando sono a casa variò molto la mia dieta, mi piace mangiare di tutto, ma proprio di tutto. Vado dal cibo semplice a quello complesso quando voglio provare diverse cose oppure ho degli ospiti a cena. Mangio anche io cibo industriale quando sono talmente stanco che non ho voglia di cucinare. Spesso mangio anche del semplice pane con salumi o formaggi, oppure anche senza nulla. Mi piacciono molto le zuppe, ma quelle vere, mica le semplici creme".

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Lei ha origini siciliane ma è nato e cresciuto in Brianza, in Lombardia. Quali sono i piatti che ama di queste due regioni?  
"Sì, sono nato e cresciuto a Desio, in provincia di Monza e Brianza, ma i miei genitori sono di origini siciliane. Mi piace tantissimo la cassoeula e anche la busecca!". 
Quali tecniche o tendenze future ti interessano per innovare la tua cucina senza perdere il legame con la tradizione? 
"Mi piace molto la cucina molecolare. Se hai delle buone conoscenze di chimica riesci ad ottenere risultati che non immagini. Sempre tornando all’argomento, colori, consistenze, forme, temperature, ecc. Mi piacciono tantissimo anche le diverse tecniche di fermentazione che sto continuando a sperimentare. Da quella basilare con sale a secco o a liquido, con l’utilizzo di riso, fermentando con il miele e pian piano includendo anche il koji per ottenere una fermentazione simile al miso o alla salsa di soia". 
 
Autrice dell'articolo Orchidea Colonna 
Orchideacolonna@yahoo.com