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L'impiegata Inps al giornalista:"Le hanno amputato il piede?Tanto per scrivere non serve"

Pino Buongiorno

Il racconto della firma storica di Panorama, disabile per l'errore di un medico: "Paradossi e assurdità, ma quello che conta è darsi un obiettivo"

Andrea Tempestini
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  Un paio di mesi fa Pino Buongiorno, storica firma di Panorama, ha subìto l'amputazione del piede sinistro a causa di un'infezione mal curata da un primario romano del Policlinico Tor Vergata. E sulla rivista Oggi, Buongiorno racconta la sua battaglia, la battaglia che tutti i disabili sono chiamati a combattere ogni giorno semplicemente per vedere tutelati i propri diritti. "La prima reazione istintiva è la rabbia - racconta Buongiorno. Ma presto ti accorgi, anche grazie ai consigli del nuovo medico curante, il professor Luca Dalla Paola dell'ospedale Maria Cecilia di Cotignola, in provincia di Ravenna, che c'è un antidoto ben più efficace: la forza della volontà". "Il piede non le serve" - Il giornalista narra poi dei "mille ostacoli che si frappongono ogni giorno alla vita in carrozzella, specie in una città come Roma: dai passi carrabili ostruiti ai parcheggi per disabili occupati da abusivi, dai marciapiedi invasi da tavolini e sedie fino ai patiti dei cellulari che ti travolgono mentre scrivono sms". Buongiorno narra poi uno di quei "paradossi che ti capitano e sembrano assurdi e inverosimili finché non li vivi in prima persona". Il giornalista era stato convocato dall'Inps per la prima visita di controllo sull'invalidità civile, "in pieno agosto, con un caldo torrido da deserto del Sahara". E il racconto è grottesco: "All'ingresso dell'edificio, in via San Martino della Battaglia, mi accorgo che l'ascensore per il secondo piano, dove sono atteso dalla commissione medica, è guasto da mesi e non ci sono i soldi per ripararlo. Ti verrebbe solo da imprecare. E invece devi morderti la lingua e aspettare oltre due ore, in un androne sporco e puzzolente". Il giornalista prosegue poi con una riflessione: "Pensi allo stipendio faraonico e ai mille incarichi del presidente dell'Inps Antonio Mastrapasqua", mentre accoglie con un sorriso la frase a dir poco stonata di una delle dottoresse, che dopo avergli chiesto quale lavoro svolgesse prima della malattia rispose con "sarcasmo: «Ah, ma per voi giornalisti non ci sono problemi per questo tipo di invalidità: potete sempre continuare a scrivere al computer». Come se fosse inutile e banale andare in giro a testimoniare gli avvenimenti". Un obiettivo - Il racconto di Buongiorno prosegue con le difficoltà incontrate nell'andare in un ristorante, dove "non devi scegliere la qualità del cibo, ma la possibilità reale di potervi accedere. C'è anche chi ti imbroglia al telefono, come mi è successo in un piccolo paese toscano del X secolo, San Sepolcro, al confine fra Toscana, Umbria e Marche. Ti dicono che l'ingresso è al piano terra e invece trovi una scalinata ripidissima e senza pedana". Infine il ricordo di "un libro molto bello che ho letto in queste settimane". Si tratta di E li chiamano disabili, di Candidò Cannavò, lo scomparso direttore della Gazzetta dello Sport. Buongiorno spiega: "La vera domanda da porsi è questa, scrive Cannavò: «Che cosa può fare un disabile per la collettività in cui vive?». Non viceversa. Da questo rivoluzionario cambio di cultura è nato il mio primo impegno": fare in modo che l'Italia il 31 dicembre 2013 non perda i 45 miliardi di euro in fondi europei da destinare al nostro Paese. "Ho promesso che attiverò tutte le mie amicizie a Bruxelles, a cominciare dal Rappresentante permanente dell'Italia presso l'Ue, Ferdinando Nelli Feroci, per capire quali istituzioni pubbliche e private possano utilizzarli e soprattutto con quali progetti", conclude Buongiorno.  

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