Libero logo
Fata Morgana apre le nebbie. E per un istante Avalon è a Milano
martedì 28 ottobre 2025

Fata Morgana apre le nebbie. E per un istante Avalon è a Milano

Fata Morgana apre le nebbie. E per un istante Avalon è a Milano
Nicoletta Orlandi Posti
4' di lettura

«Ai miei tempi sono stata chiamata in molti modi: sorella, amante, sacerdotessa, maga, regina…». Così parla Morgana, nell’incipit di Le nebbie di Avalon di Marion Zimmer Bradley, e in quelle parole sembra racchiudersi l’anima della mostra Fata Morgana: memorie dall’invisibile, fortemente voluta dalla Fondazione Nicola Trussardi che l’ha ideata, prodotta, e allestita a Palazzo Morando. Perché anche qui, tra le sale barocche di uno dei palazzi più belli di Milano, è la donna a tornare a parlare: non più figura di inganno, ma testimone di un sapere che la Storia ha voluto dimenticare. Le nebbie che si diradano non sono solo quelle del mito, ma quelle che separano la conoscenza dalla superstizione, la scienza dalla visione, la ragione dal mistero. Morgana, custode di Avalon e dei suoi passaggi, diventa metafora di tutte le donne che hanno tentato di attraversare quel confine: mistiche, medium, artiste, scienziate non riconosciute. Donne che, come la maga, hanno osato interrogare l’invisibile e per questo sono state ridotte a folli, visionarie, eretiche. La mostra milanese raccoglie le loro tracce, componendo un atlante dell’invisibile che attraversa due secoli di arte, pensiero e ribellione.

798x1021

Il punto di partenza non è casuale: Palazzo Morando fu la casa di Lydia Caprara Morando Attendolo Bolognini, contessa colta e inquieta, che alla filantropia affiancava una passione per l’esoterismo. Nella sua biblioteca - oggi custodita alla Trivulziana - convivevano testi di teosofia, alchimia, spiritismo e occultismo, studi che all’epoca richiedevano una dispensa ecclesiastica per essere frequentati. È in quella tensione tra fede e eresia, tra filantropia e magia, che nasce il progetto curato da Massimiliano Gioni, Daniel Birnbaum e Marta Papini: un viaggio nel tempo, nelle visioni e nei linguaggi di chi ha provato a rendere visibile l’invisibile. Al centro dell’esposizione ci sono le sedici tele di Hilma af Klint (1862-1944), per la prima volta in Italia. La pittrice svedese, guidata da spiriti e geometrie interiori, dipingeva ciò che non si poteva vedere, anticipando di anni l’astrazione di Kandinsky e Mondrian. Le sue forme - spirali, vortici, diagrammi cosmici - non nascono da un’intuizione estetica ma da una rivelazione. “Non io dipingo”, diceva, “mi è stato chiesto di dipingere.” In quelle tele vive l’eco di una voce antica, la stessa che Morgana ascoltava quando apriva i varchi tra i mondi.

832x1234

Intorno a lei, la mostra costruisce una costellazione di presenze: Georgiana Houghton e i suoi acquerelli medianici del 1871, Annie Besant e le sue “forme-pensiero”, Emma Kunz e i diagrammi terapeutici usati per guarire. Poi Eusapia Palladino, la medium napoletana che incantò Lombroso e i coniugi Curie; Augustin Lesage e Fleury-Joseph Crépin, minatori autodidatti che dipingevano cattedrali sotto dettatura degli spiriti.
Sono storie di marginalità e resistenza, di conoscenze bandite ma non estinte: un sapere che passa attraverso la corporeità, l’intuizione, la cura  forme di intelligenza che la modernità razionale ha sempre guardato con sospetto.

In mostra il mistero non è spettacolo, ma linguaggio. È il filo che unisce le sperimentazioni filmiche di Maya Deren e Kenneth Anger ai fotogrammi surrealisti di Man Ray e Lee Miller; le visioni sensuali e inquietanti di Carol Rama alle architetture intime di Louise Nevelson; le invocazioni performative di Chiara Fumai ai riti collettivi di Judy ChicagoKerstin BrätschMarianna Simnett. Ogni opera diventa un passaggio, un modo per restituire voce a chi l’ha perduta, per rimettere in circolo energie che la cultura patriarcale ha congelato nel simbolo della “strega”.

888x731

Il fascino di Fata Morgana non è nella suggestione spiritica, ma nel gesto politico che la mostra compie: riportare al centro una genealogia femminile cancellata. Dire che l’arte moderna nasce anche da qui - dai tavoli delle sedute, dalle trance, dai sogni, dai corpi che scrivevano e disegnavano “per mano di altri” -significa riconoscere che la storia dell’arte è una storia incompleta. Non è un caso che i curatori definiscano il progetto un “museo nel museo”: un luogo che scardina la narrazione ufficiale e rimette in discussione le gerarchie della conoscenza. Nell’epoca degli algoritmi e delle immagini onnipresenti, la figura di Morgana assume un significato nuovo. Anche oggi ci muoviamo dentro nebbie - non più di Avalon ma digitali - che promettono rivelazioni e offrono solo illusioni. “Siamo tutti medium e media”, scrivono i curatori: riceviamo e trasmettiamo incessantemente immagini, ma abbiamo smarrito il contatto con ciò che esse significano. Fata Morgana: memorie dall’invisibile ci invita a fermarci, ad ascoltare ciò che non si vede, a riabitare la soglia.

In fondo, la magia di Morgana non è mai stata quella dell’inganno, ma della visione: la capacità di leggere il mondo al di là del visibile, di dare forma a ciò che non ha voce. In questo senso la mostra è un atto di restituzione: restituisce corpo all’anima, spazio al silenzio, memoria all’invisibile. Le nebbie si sollevano. E forse, per un istante, Avalon è proprio qui, a Milano.

La mostra Fata Morgana: memorie dall’invisibile è potente e merita assolutamente di essere visitata

 INGRESSO GRATUITO

Resterà aperta fino al 30 novembre 2025

862x485

ti potrebbero interessare