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Festa del sacrificio, sgozzano agnelli in pubblico? Se protesti sei islamofobo

Fausto Carioti
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Uno Stato laico al punto da vietare le «messe con popolo» per nove settimane, impedire l'accesso alla Comunione e agli altri sacramenti della Chiesa cattolica, mandare i carabinieri nelle chiese per interrompere i funerali. Non così inflessibile con chiunque, però. Si vedesse, in questi giorni, un uomo in divisa intervenire, si sentisse la voce di un sindaco o di un prefetto alzarsi contro il rituale barbaro e illegale della macellazione fai-da-te praticato da tanti islamici in Italia. 

Silenzio, omertà, resa totale. La festa musulmana del sacrificio, "Id al-adha", è arrivata anche quest' anno, a ricordarci che qui da noi i figli di Allah godono sempre di uno speciale salvacondotto, grazie al ricatto dell'etichetta da «islamofobo», pronta per essere appiccicata su chiunque contesti certe loro pratiche. Si celebra il sacrificio del montone da parte del "profeta" Abramo, il cui mito è stato ripreso dal Corano. Abramo si sottomette ad Allah e il suo gesto è di esempio per tutti i fedeli di una religione il cui stesso nome, islam, significa «sottomissione». A commemorazione del suo gesto si uccide un agnello, una capra o un altro animale, le cui carni saranno poi mangiate, e ciò deve avvenire secondo le sacre regole: sgozzandolo con un taglio alla gola, senza stordimento, e lasciandolo morire lentamente, dissanguato. È uno di quei casi in cui le norme dell'Italia "sovrana" sono peggiori di quelle europee. 

 

I regolamenti della Ue, infatti, stabiliscono che tutti gli animali da macellazione siano pietosamente storditi prima dell'uccisione, ma consentono alle singole nazioni di derogare. Cosa che il nostro Paese ha fatto con un decreto del 1980, che consente «la macellazione senza preventivo stordimento eseguita secondo i riti ebraico ed islamico da parte delle rispettive comunità». 

STRUTTURA AUTORIZZATA
Le prescrizioni di legge sono comunque rigorose: l'operazione deve essere compiuta in una struttura autorizzata, ovvero in un macello, da personale qualificato e addestrato, usando «un coltello affilatissimo in modo che possano essere recisi con un unico taglio contemporaneamente l'esofago, la trachea ed i grossi vasi sanguigni del collo», e adottando in ogni fase «tutte le precauzioni atte a evitare il più possibile sofferenze e ogni stato di eccitazione non necessario». Indicazioni che la comunità ebraica, il cui rituale per la carne kosher è simile all'islamico, ha sempre rispettato. Lo stesso non si può dire di quella musulmana, dove è diffusa la macellazione compiuta dal capofamiglia con coltellacci e senza preparazione né rispetto del povero animale. Può avvenire in casa, dentro la vasca da bagno, oppure in un cortile, in un garage o addirittura in spazi pubblici, che talvolta le comunità islamiche locali reclamano apposta. Ogni anno, durante la festa del sacrificio, macellerie clandestine e macellai improvvisati sono scoperti in diverse città d'Italia, ma rappresentano una quota minima del fenomeno, che infatti prosegue indisturbato. 

Nessuna autorità ha interesse a sollevare il problema, meglio guardare altrove ed evitare così le scontatissime accuse di razzismo. La Lega anti-vivisezione è una delle poche associazioni animaliste che prova a obiettare qualcosa: «Non sono rari i casi di macellazione "familiare", eseguita per festeggiare delle ricorrenze religiose», avverte sul proprio sito senza specificare altro, ricordando però che si tratta di «una pratica illegale e perseguibile per legge». Vero. Ma perseguire e condannare sono due cose diverse. Può succedere infatti che i tribunali italiani, le poche volte in cui sono chiamati a occuparsi di queste vicende, finiscano per consentirle. Come ha fatto la corte d'appello di Genova nel 2016, quando assolse due rom musulmani che avevano macellato un capretto in mezzo alla strada, nel modo più crudele. I giudici di primo grado li avevano condannati, ma i loro colleghi dell'appello hanno stabilito che «trattandosi di un sacrificio religioso, si può presupporre che fosse volontà degli imputati non discostarsi dalla consueta prassi operativa». Allah è grande, la giurisprudenza italiana un po' meno. 

 

Una nazione declina anche così, assieme al rispetto per le proprie leggi. A grande richiesta dei nuovi arrivati seguiranno la poligamia, l'eredità dimezzata per le donne e altri simili avanzamenti dei diritti civili, lungo la strada indicata da Maometto, noto progressista e fautore del dialogo tra le religioni, vissuto tra il VI e il VII secolo.

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