Eluana, Fabo e gli altri: i casi che hanno smosso
Fine vita
Roma, 14 dic. (AdnKronos) - Di battaglie ce ne sono volute tante. Così come tanti sono gli anni trascorsi da quando Piergiorgio Welby scelse di spegnere il respiratore che lo teneva in vita, iniziando a smuovere le coscienze affinché l'Italia si dotasse di una legge sul fine vita. Oggi, con l'approvazione del biotestamento al Senato, quello che per molti era un sogno è diventato realtà. Come Welby, sono tante le storie che negli anni hanno commosso e diviso l'Italia, e che da Eluana Englaro passano per Giovanni Nuvoli e Walter Piludu, arrivando fino a Dj Fabo. Tanti piccoli tasselli che visti da lontano restituiscono un'unica immagine ben definita: la volontà di poter morire con dignità. PIERGIORGIO WELBY - Decidere quando mettere fine alla propria vita per far cessare ogni sofferenza è una battaglia che nel Belpaese va avanti da 11 anni e che è stata combattuta da tanti. A partire da Piergiorgio Welby, che ha vinto la sua lotta il giorno in cui è morto: il 20 dicembre 2006 Welby, attivista, giornalista e co-presidente dell'Associazione Luca Coscioni, con l'aiuto del medico anestesista Mario Riccio e di familiari e amici, sceglie di interrompere le cure e di spegnere il respiratore che lo tiene in vita, immobilizzato a letto a causa della distrofia muscolare. GIOVANNI NUVOLI - Il 24 luglio 2007 è la volta di Giovanni Nuvoli, ex arbitro e agente di commercio di Alghero, affetto da sette anni da Sclerosi laterale amiotrofica (Sla) che con ripetuti appelli aveva chiesto più volte di poter morire. Nuvoli, rinominato il 'Welby sardo', muore nella sala di rianimazione allestita nella sua villetta alla periferia di Alghero, dopo aver iniziato lo sciopero della fame e della sete. Il suo corpo, 184 cm per soli 37 chilogrammi, non ce la fa. Secondo quanto riferito dalla moglie Maddalena Soro, al momento del decesso aveva ancora attaccato il respiratore artificiale che lo teneva in vita: "Ha finito di soffrire, si è lasciato morire". ELUANA ENGLARO - Tuttavia è nel 2009, con il caso Eluana Englaro, che l'opinione pubblica italiana si spacca in due. Eluana ha 20 anni quando, il 18 gennaio 1992, dopo un brutto incidente d'auto, entra in "stato vegetativo permanente", condizione che le impedisce relazioni con il mondo esterno. Giace immobile in una clinica di Lecco alimentata con un sondino nasogastrico. Da allora il suo tutore è il padre, Beppino Englaro, che si impegna in una lotta senza quartiere per fare in modo che sia rispettata la libertà di sua figlia. Eluana, sostengono allora i genitori, aveva detto che non avrebbe voluto proseguire i suoi giorni se fosse capitata in una circostanza del genere. Ed è stata proprio la convinzione che sua figlia non avrebbe voluto continuare a vivere in stato di incoscienza a spingere Beppino Englaro a intraprendere una lunga battaglia legale per lei: Eluana muore il 9 febbraio 2009 per disidratazione sopraggiunta a seguito dell'interruzione della nutrizione artificiale. LUCIO MAGRI - Politico, saggista, fondatore del 'Manifesto', Magri sceglie di morire in Svizzera nel 2011 tramite il suicidio assistito. Il suo è un caso diverso. Magri non era un malato terminale e i suoi amici tentano, invano, di dissuaderlo. WALTER PILUDU - Nel 2015 Walter Piludu, ex presidente della Provincia di Cagliari e dal 2013 malato di Sla, rivolge un appello ad Angelino Alfano, Silvio Berlusconi, Giorgia Meloni, Matteo Renzi, Matteo Salvini, Nichi Vendola, Beppe Grillo, Mario Monti chiedendo una legge sul fine vita, riaccendendo così i riflettori sull'eutanasia. Piludu muore il 3 novembre 2016, dopo che il tribunale di Cagliari impone alla struttura nella quale è ricoverato di rispettare la scelta del malato. "Ancora, mi chiedo e vi chiedo: se, come temo, non potrò andare in Svizzera - scriveva nel suo appello - in ragione di insuperabili ostacoli logistici ed emozionali, in quale altro modo potrò realizzare la mia volontà se non col rifiuto di acqua e cibo e, dunque, con una lenta morte per sete e fame?" DJ FABO - A febbraio DJ Fabo, al secolo Fabiano Antoniani, si reca in Svizzera per uscire da quella che definisce una 'gabbia' nella quale era intrappolato dalla notte del 13 giugno 2014, quando a seguito di un incidente stradale era diventato cieco e tetraplegico. Costretto ad andare all'estero per liberarsi "di una tortura insopportabile e infinita", come l'aveva definita lui stesso in un videomessaggio pubblicato sulla pagina Facebook di 'Eutanasia legale', nel suo calvario Fabo è stato assistito a lungo da Marco Cappato, tesoriere dell'Associazione Luca Coscioni. DAVIDE TRENTINI - Davide Trentini, 53 anni, è ammalato dal 1993 di sclerosi multipla. Dopo aver chiesto di mettere fine alle proprie sofferenze, è morto ad aprile. L'annuncio del decesso lo ha dato Mina Welby - in diretta a Radio Radicale - che aveva accompagnato Davide in una clinica svizzera per praticare il suicidio assistito. LORIS BERTOCCO - Loris Bertocco, 59enne malato da anni, lo scorso ottobre ha scelto di mettere fine alla propria vita, scegliendo di morire in una clinica a Zurigo. La sua è solo l'ultima delle tante storie di italiani che hanno scelto di andare in Svizzera per affidarsi al suicidio assistito perché straziati da dolore e sofferenze. Verde storico del Veneto, Loris è rimasto paralizzato da quando, a 18 anni, ha avuto un incidente stradale. Abbandonato dalle istituzioni, e senza più soldi per curarsi, ha deciso che era il momento di optare per la scelta estrema.