Unioncamere, oltre 122mila imprese digitali in Italia
Siracusa, 31 ott. (Labitalia) - Viaggiano a un passo più spedito delle altre, in media creano più occupazione e generano più ricchezza del resto delle imprese, ma sono ancora poche le 'digital companies' tricolore. Alla fine del terzo trimestre dell'anno, le imprese che operano nei settori digitali (dal commercio via Internet agli Internet service provider, dai produttori di software a chi elabora dati o gestisce portali web) hanno superato la soglia delle 122mila unità, pari solo al 2,3% del totale delle imprese italiane. E' quanto emerge dai dati diffusi in occasione dell'assemblea dei presidenti delle Camere di commercio italiane, in corso a Siracusa. A fronte di questa mini-rappresentanza in termini numerici, il digitale mostra tuttavia di possedere una fortissima vitalità rispetto al resto dei settori: dall'inizio dell'anno, infatti, il comparto è cresciuto del 2,4%, quasi quattro volte più della media delle imprese italiane (0,6%). Il 12,5% di queste attività è guidato da giovani con meno di 35 anni ma, se si guarda alle aperture di nuove imprese intervenute dall'inizio dell'anno, la spinta che viene dai giovani a questo settore così strategico è ben più significativa: delle 6.330 iscrizioni rilevate tra gennaio e settembre, il contributo degli under 35 sfiora il 35%. Forte anche la dinamica dei bilanci delle società del digitale: negli ultimi due anni il valore della produzione è cresciuto a ritmi doppi rispetto agli altri settori e il valore aggiunto del 50%. Quanto all'occupazione, in media le imprese del settore digitale occupano 5,4 addetti, contro una media del 4,5 riferita a tutte le imprese. "Oggi nel nostro Paese -ha detto il presidente di Unioncamere, Ivan Lo Bello- abbiamo un numero di imprese digitali esiguo, ma è una realtà con un forte potenziale di sviluppo. Le aziende ci dicono di avere un gran bisogno di digitalizzazione e per questo occorre innalzare la cultura e le competenze digitali delle nostre imprese. Le Camere di commercio che fanno parte del network Industria 4.0, con i 77 punti di impresa digitale che stanno realizzando, sono impegnate a favorire la conoscenza e l'utilizzo delle nuove tecnologie". Delle oltre 122mila imprese che compongono il settore digitale, una su cinque (28.650) ha sede in Lombardia. A grande distanza seguono il Lazio (16.469 imprese pari al 13,5% del totale) e la Campania (10.477 e 8,6%). Se si osserva la sola componente giovanile, la Lombardia resta la regione leader fermandosi però al 16,6% del totale, mentre le due posizioni di rincalzo si invertono (la Campania è seconda, il Lazio terzo). Ma è guardando alla dinamica delle nuove aperture che si coglie l'interesse dei giovani del Sud verso il digitale. La quota di imprese ‘under 35' sulle nuove aperture di imprese digitali sfiora infatti il 50% in Calabria, tocca il 46,7% in Basilicata, il 44,4% in Campania, il 42,3% in Puglia e il 40,6% in Sicilia. Sul fronte degli addetti, la media più elevata rilevata nel settore digitale non si distribuisce allo stesso modo sul territorio nazionale, registrandosi solo in 10 delle 20 regioni del Paese. Le regioni a più elevato ‘vantaggio occupazionale' sono la Valle d'Aosta (dove la media degli addetti per impresa digitale è di 10,5 contro 4,2 ), il Trentino Alto Adige (8 addetti in media contro 5,4) e il Piemonte (6,9 contro 4,5). L'analisi di circa 580mila bilanci depositati nel triennio 2014-2016 da altrettante società di capitale di tutti i settori certifica la marcia in più del comparto digitale. Per due anni di seguito (2016 e 2015) il valore della produzione delle 22mila società digitali è aumentato del 9,2% rispetto all'anno precedente, contro una crescita media di tutti i settori che è stata del 3,3% tra 2016 e 2015, dopo il 4,5% tra 2015 e 2014. Meno brillante ma significativo il gap a favore del digitale in termini di valore aggiunto: tra 2016 e 2015 le società dei ‘bit' hanno registrato una crescita dell'8,6% contro una media generale delle società di capitale del 6%, ‘bissando' il risultato simile del biennio precedente (7,7 contro 5,8%). Il terzo trimestre dell'anno fa registrare un lieve miglioramento rispetto al 2016 sul fronte del saldo tra imprese iscritte e cessate. Tra luglio e settembre di quest'anno, si sono iscritte ai registri camerali 67.689 imprese e sono cessate 49.690, per un saldo positivo pari a 17.999 attività (circa 2mila in più rispetto allo stesso periodo del 2016). Il recupero, tuttavia, non è bastato a compensare la più ridotta dinamica di inizio anno, cosicché il bilancio gennaio-settembre si ferma a 37.897 imprese in più, contro le 41.597 dei primi nove mesi del 2016 e le 48.031 del 2015. A dare segni di netto miglioramento è però il Mezzogiorno che, unica area del Paese, nei passati nove mesi migliora il risultato del 2016, realizzando un saldo di +21.082 imprese, oltre 2.200 in più dell'anno precedente. Guardando ai settori, dall'inizio dell'anno la progressione più sensibile in termini assoluti la fanno registrare le attività di alloggio e ristorazione (+9.295 imprese), seguite da quelle relative ai servizi alle imprese (+5.878) e alle attività professionali, scientifiche e tecniche (+4.506). Sul versante opposto, ancora in contrazione la base imprenditoriale manifatturiera (-1.789 unità tra gennaio e settembre) e delle costruzioni (-1.136). Nel III trimestre, confermata la forte dinamica delle attività ricettive (+3.898 unità), per questi due settori i segnali si fanno invece più positivi (+1.163 unità nelle costruzioni e +340 nella manifattura), come anche per il commercio (+2.276). L'analisi delle forme giuridiche conferma l'appeal, presso gli imprenditori italiani, di forme più strutturate d'impresa: l'84% di tutto il saldo positivo del III trimestre è infatti dovuto alla componente delle società di capitali (+15.089) mentre, se si estende l'analisi all'inizio dell'anno, si conclude che la crescita delle società di capitale fin qui registrata (+48.472) è addirittura superiore all'intero saldo dei 9 mesi, compensando così la riduzione netta delle altre forme giuridiche d'impresa.