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Buoni fruttiferi postali, la sentenza della Cassazione che sputa in faccia ai risparmiatori: così sono fregati

Gino Coala
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I risparmi degli italiani non possono stare tranquilli neanche con i Buoni fruttiferi postali precedenti al 1999, dopo che la Cassazione ha confermato che lo Stato può cambiare le regole sottoscritte al momento dell'investimento quando e come gli pare. Come riporta Repubblica, sin da una sentenza del 2007 era stabilito che le condizioni illustrate al momento della sottoscrizione di un buono, compreso anche il tasso di interesse, aveva lo stesso valore della firma di un contratto. Leggi anche: Rc auto, il trucchetto dietro le assicurazioni a tempo: che cosa non ti dicono Dallo scorso 11 febbraio però la Cassazione ha ribaltato quella stessa sentenza. Nel '99, infatti, il decreto legislativo 284 aveva di fatto abrogato la legge del Codice postale del 1973 che regolava i buoni fruttiferi. Da quel momento i buoni sono stati regolati dalle leggi anteriori, quelle appunto che consentono allo Stato di modificare le regole a proprio piacimento e convenienza. Chi ha quindi acquistato buoni prima del '99 e nel frattempo è cambiato il tasso di interesse, può essere "rimborsato", come ha spiegato l'avvocato Aldo Bissi a Repubblica, attraverso la conversione "in titoli della nuova serie e con il relativo tasso di interesse". Se invece si vuole recedere il contratto, c'è almeno la possibilità di incassare in base al tasso sottoscritto, in teoria più vantaggioso. Gli investitori nei Buoni fruttiferi postali precedenti al '99 si ritrovano così con un bel pacco da parte della Cassazione, che con la sentenza dell'11 febbraio 2019 ha equiparato le Poste, un soggetto di diritto privato, con uno statale. In questo modo, sottolinea l'avv. Bissi, il piccolo risparmiatore si ritrova derubato dei diritti di cui godono gli altri, perché nel caso delle Poste non si potrà applicare "la disciplina a tutela dei consumatori". Il cambio degli interessi quindi può avvenire in qualsiasi momento, ma soprattutto le Poste non sono tenute a informare l'investitore. 

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