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Casa, come bloccare le rivalutazioni dei comuni

Andrea Tempestini
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Sono 17 i comuni in Italia che stanno approfittando della possibilità di revisione, ovviamente al rialzo, del classamento degli immobili e quindi delle rendite catastali e delle tasse che gravano sul mattone. Un adeguamento unilaterale, generico e, secondo diverse sentenze, immotivato. Ma invece di arrendersi all'evidenza, i comuni in questione, continuano nel loro tentativo di fare cassa, puntando sui grandi numeri. A Lecce, per esempio, su 90.000 abitanti l'Agenzia del Territorio (ora inglobato nell'Agenzia delle Entrate), ha spedito ben 70 mila raccomandate per comunicare ai cittadini la revisione del classamento della casa, scatenando una valanga di ricorsi. Ma per tanti che siano stati i ricorsi, a Lecce circa 6.000, restano una percentuale minima (meno del 10%) sul totale delle famiglie coinvolte.  In pratica il comune applica l'articolo 1 comma 335 della legge 311 del 2004 che gli consente di attivare processi di revisione del classamento delle unità immobiliari urbane laddove esiste un'ampia differenza tra il valore medio immobiliare di mercato e il valore medio catastale, rispetto l'analogo rapporto medio calcolato su tutte le microzone comunali. Se quindi un'abitazione o un negozio si trova in una zona che negli anni ha subito una pesante riqualificazione urbanistica, l'amministrazione può imporre l'adeguamento della classe immobiliare e, di fatto, alzare le tasse al proprietario. A Lecce però l'operazione è stata fatta malamente. Perché il comune per giustificare gli aumenti ha utilizzato, secondo i giudici, motivazioni generiche che non consentono di conoscere le modalità di rilevazione dei valori medi degli immobili, limitando di fatto il diritto di difesa del contribuente.  Il contribuente dev'essere sempre messo in condizione di opporsi all'«editto». Ma ogni comune sta portando avanti la sua battaglia a modo suo. Per questo bisogna essere cauti prima di fare ricorso. Non basta rifarsi alla sentenza della Cassazione di Napoli (citata nel pezzo qui sopra) per impugnare gli avvisi di accertamento che stanno arrivando a Roma. Gli avvisi di Roma sono infatti diversi da quelli di Napoli e anche da quelli di Lecce. Lo dice Confedilizia che, valutando caso per caso, consiglia ai suoi iscritti qual è la strada migliore da seguire. E sintetizza così per i lettori di Libero i punti da seguire per quanti ritengono immotivati i rincari. Prima di presentare il ricorso, sottolinea l'organizzazione che riunisce i proprietari immobiliari, è necessario incaricare un difensore visto che non è possibile procedere personalmente. Poi, entro 60 giorni dalla data di notifica dell'avviso, bisogna notificare il ricorso, intestato alla Commissione tributaria provinciale territorialmente competente e all'ufficio che ha emesso l'atto. Bisogna inoltre pagare il contributo di iscrizione a ruolo dovuto per le cause di valore indeterminabile ed effettuare la costituzione in giudizio, entro 30 giorni. In caso di esito negativo, la sentenza della Commissione provinciale può essere appellata alla Commissione regionale competente. Il termine per impugnare la sentenza è di 60 giorni. C'è infine la carta della Cassazione. La strada è comunque lunga e tortuosa ma, come dice a Libero il presidente di Confedilizia, Corrado Sforza Fogliani «la Cassazione di Napoli ha messo almeno un punto fermo all'inasprimento della tassazione sugli immobili, riportando un principio importante e di civiltà giuridica». Sul sito dell'Agenzia delle entrate c'è scritto che solo «la stima effettuata da un tecnico professionista rappresenta l'unico elaborato in grado di rappresentare e descrivere in maniera esaustiva e con piena efficacia l'immobile e di motivare il valore da attribuire al bene medesimo». Ma si sà, quando si tratta di Stato, la mano destra non sa quel che fa la sinistra. Così a Lecce si è dovuto scomodare i cittadini e i tribunali per avere giustizia. A Roma invece i tecnici comunali sembra siano stati ben più scaltri. Tanto da sostenere che sono state fatte delle perizie prima di spedire le 175.000 raccomandate ad altrettanti proprietari di immobili. di Antonio Spampinato

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