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Il Tar del Lazio blocca la maxi imposta sulle sigarette elettroniche

I produttori esultano. Il presidente di Anafe "Ci auguriamo che questo primo passo sia l'inizio di un nuovo percorso"
di silvia belfanti domenica 26 gennaio 2014

2' di lettura

Il Tar del Lazio ha bloccato la normativa che prevedeva la maxi- imposta (del 58,5%) sulle sigarette elettroniche, su tutti i prodotti correlati e che obbligava inoltre i produttori di registrare e certificare i prodotti presso i Monopoli. Il problema rilevato dal tribunale è sulla tempistica: la legge era infatti stata pubbicata sulla Gazzetta Ufficiale di dicembre e prevedeva che entro il 1° gennaio 2014 tutte le aziende si mettessero in regola con i Monopoli. Un tempo brevissimo, quindi, che avrebbe impedito a gran parte delle società di mettersi in regola con la nuova normativa.  I produttori esultano. L’associazione dei produttori aderenti ad Anafe-Confindustria ha dichiarato, tramite il suo presidente Massimiliano Mancini: “Questa prima valutazione espressa dal TAR del Lazio dà finalmente ragione alle nostre istanze, riconoscendo di fatto l’assurdità dell’imposizione fiscale e del regime di autorizzazione per le sigarette elettroniche che dal 16 gennaio scorso aveva bloccato il mercato”. Contro il provvedimento, che avrebbe causato la chiusura di numerose aziende del settore, era stato presentato un ricorso approvato oggi dal Tar, che ha dato ragione ai produttori e ha salvato centinaia di aziende dalla chiusura. Anche se al momento il blocco è solamente provvisorio, le aziende sono fiduciose e sperano che a breve vengano create delle nuove normative che rilancino il mercato delle e-cig. "Ci auguriamo – continua Mancini - che questo primo passo sia l'inizio di un nuovo percorso che possa consolidare il dialogo con le istituzioni nella direzione di una regolamentazione del settore a 360 gradi. Auspichiamo che nei prossimi giorni il governo intervenga in via d’urgenza per trovare un sistema condiviso che consenta da un lato al settore delle sigarette elettroniche di consolidarsi e crescere visti anche gli ingenti investimenti fino ad ora sostenuti dalle imprese italiane e le migliaia di posti di lavoro in gioco, e dall’altro allo Stato di incassare il dovuto, 117 milioni che, come indicato ad esempio anche dal Servizio Bilancio del Senato, con la normativa in vigore non potranno mai essere raggiunti".       

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