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Von der Leyen lancia l'eurotassa: "Servono altre risorse"

La Commissione ha accumulato debiti per 25-30 miliardi all’anno. Si pensa a nuove fonti d’imposizione fiscale e ad aumentare il contributo sulle emissioni inquinanti: Von Der Leyen ci mette le mani in tasca
di Carlo Nicolato mercoledì 21 maggio 2025

3' di lettura

L’Unione Europea batte cassa: per il prossimo Mú, cioè per il quadro finanziario pluriennale del periodo 2028-34, servono soldi, servono nuove forme di finanziamento perché quelle attuali non sono più sufficienti. «Dobbiamo finanziare nuove priorità e dobbiamo iniziare a rimborsare i prestiti contratti per il NextGenerationEu. È chiaro che i bilanci nazionali da soli non possono sostenere il peso di tutto questo, quindi abbiamo bisogno di nuove risorse proprie», ha detto Ursula Von der Leyen lanciando un mezzo allarme. Senza andare in profondità sulla questione la presidente della Commissione ha aggiunto che un pacchetto di proposte sul tavolo c’è già e ce ne sono pure altre in arrivo, ma «sarà una discussione difficile, perché non esiste una soluzione miracolosa. Far quadrare il bilancio è un problema ed è ora di trovare una soluzione».

Sulla base dell’esperienza vissuta nel suo primo quinquennio- dove nell’ordine si è dovuto far fronte a diverse emergenze, come il Covid, l’inflazione, la guerra in Ucraina e la crisi energetica la von der Leyen ha detto che il prossimo bilancio sarà graduale, e «ogni tranche di finanziamento sarà erogata al raggiungimento degli obiettivi concordati», come accade già con il Pnrr, «perché questo è il più forte incentivo a fare le cose». Per una maggior flessibilità è allo studio anche la riduzione della durata del bilancio, che da settennale potrebbe diventare quadriennale o quinquennale.

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Ma al cittadino europeo comune ciò che più preoccupa sono quelle «nuove forme di finanziamento» a cui ha fatto riferimento la numero uno della Commissione, di cui per il momento si sa poco ma che potrebbero anche voler significare tasse dirette o indirette in arrivo. Il primo guaio è relativo al rimborso di 750 miliardi del NextGenerationEu, varato per incentivare l’economia post Covid, che deve iniziare a partire dal 2028 e deve durare 30 anni. Oltre al rimborso del prestito stesso, l’Ue deve pagare gli interessi, che devono essere saldati ogni anno a partire da subito, e che sono inavvertitamente lievitati a causa della crisi inflazionistica. Secondo la Commissione europea, il costo aggiuntivo del pagamento degli interessi è stimato a 15 miliardi di euro, il doppio dell'importo inizialmente previsto per il periodo 2021-2027. Dal 2028 in poi, la Commissione stima che il rimborso del debito NextGenerationEu ammonterà a una cifra compresa tra 25 e 30 miliardi di euro all'anno.

Contemporaneamente, come ha detto Ursula, ci sono tutte le altre sfide, dal green alla competitività, dagli aiuti a Kiev alle spese militari, per non parlare dei dazi incombenti. Ovviamente «i bilanci nazionali da soli non possono sostenere il peso di tutto questo» e nemmeno si può chiedere un aumento dei contributi visto che ogni singolo Stato è alle prese con il proprio bilancio. Il Consiglio, che sulla questione richiede l’unanimità, non troverebbe mai l’accordo. Bisogna dunque ricorrere alle cosiddette «risorse proprie» che attualmente, come riportiamo in tabella, consistono principalmente in una frazione dell'Iva, dazi doganali, una piccola parte del sistema di scambio di quote di emissione dell'Ue e la tassa sulla plastica. Per generare maggiori entrate si prospettano due opzioni: ampliare la base imponibile di un'imposta esistente o creare una nuova fonte di imposizione.

«Sul tavolo» ci sono le proposte avanzate dalla Commissione nel giugno del 2023, ovvero un'estensione dei settori coperti dal sistema di scambio di quote di emissione (marittimo, stradale e delle costruzioni) e una migliore distribuzione a favore dell'UE delle entrate generate da tale sistema, riforme che potrebbero fruttare fino a 26 miliardi l’anno; la creazione del meccanismo di adeguamento del carbonio alla frontiera e la ridistribuzione di una quota dell'imposta minima sugli utili delle multinazionali che potrebbe portare fino a 15 miliardi all’anno.

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Tra le “nuove idee” c’è quella di imporre una tariffa fissa di due euro sui pacchi di piccole dimensioni che entrano nell'Ue, principalmente provenienti dalla Cina, in particolare da aziende come Temu e Shein. Una sorta di tassa di gestione richiesta dalle autorità doganali sopraffatte da 4,6 miliardi di articoli importati e portati ogni anno direttamente a casa dei consumatori. Una parte del ricavato servirebbe a coprire i costi doganali, ma il resto potrebbe contribuire al bilancio dell'Ue, generando entrate annuali per svariati miliardi di euro. Fonti della Commissione escludono invece tassazioni dirette ai cittadini anche perché una misura del genere ben difficilmente otterrebbe il lasciapassare del Consiglio, per non parlare della ratifica nei singoli parlamenti di ogni Stato membro.

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