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Fisco, persecuzione a Treviso: lo Stato lo assolve, Equitalia no

Per il giudice l'imprenditore veneto "non è un evasore". Ma deve pagare la cartella da 70mila euro
di Giulio Bucchi domenica 19 gennaio 2014

3' di lettura

Innocente per il tribunale, colpevole per Equitalia. La paradossale vicenda ha per protagonista un imprenditore tessile di Conegliano, Comune in provincia di Treviso. Nel 2007, dopo un controllo fiscale nella ditta, la Guardia di Finanza gli aveva contestato irregolarità per circa 70 mila euro. Il titolare d’azienda - 68 anni, moglie e due figli - certo di aver sempre pagato le tasse fino all’ultimo centesimo, aveva presentato ricorso di fronte al giudice. E dopo alcuni interminabili mesi aveva ottenuto giustizia. Tutto era in regola. L’accusa di evasione fiscale era venuta meno. La questione sembrava rientrata.  Sembrava, per l’appunto. Perché l’Agenzia delle Entrate, prima di recepire la sentenza di assoluzione, aveva dato mandato a Equitalia di riscuotere la somma. Finché l’ente riscossore non riceverà una comunicazione ufficiale dalla stessa Agenzia delle Entrate che il credito non è più esigibile, sull’imprenditore penderà sempre la condanna, nonostante la sentenza del giudice. Il titolare d’azienda, incredulo di fronte a una vicenda che più italiana di così non si può, si è così rivolto all’associazione Vittime di Equitalia di Conegliano. «Ci ha contattati perché non sa come uscire da questa storia» dice a Libero il presidente, Mattia Ardenghi. «Perché l’Agenzia delle Entrate recepisca la sentenza del magistrato, l’imprenditore dovrebbe intentare una nuova causa. Ma questo ovviamente ha dei costi che sono difficilmente sostenibili da parte di chi, negli ultimi anni, da una trentina di dipendenti si è ritrovato ad averne soltanto tre-quattro». L’azienda dell’imprenditore di Conegliano, infatti, è una di quelle tante che nell’ex ricco Nordest sono state travolte dalla crisi. «Di fatto è diventata una ditta a conduzione familiare» sottolinea Ardenghi. «Sono i figli a dargli una mano ad andare avanti. Speriamo che riesca almeno ad arrivare alla fine di quest’anno, perché la situazione è molto complicata».  A parte i costi di una nuova azione legale, il vero problema sembra quello dei tempi della giustizia: «L’Agenzia delle Entrate - aggiunge il presidente dell’Associazione Vittime di Equitalia - sarà chiaramente condannata alle spese del processo. Però questo avverrà tra molti anni, e nel frattempo l’imprenditore dovrà tirare fuori i soldi di tasca propria». Il titolare d’azienda è disperato. Il fatto che Equitalia abbia notificato le cartelle esattoriali lo ha costretto a rientrare di decine di migliaia di euro con le banche. «Bisognerebbe chiedere i danni a Equitalia - sostiene ancora  Ardenghi - ma noi non lo faremo, perché oltre alle spese e alla lunghezza del procedimento, anche dovessimo vincere la causa è improbabile che otterremo da loro dei soldi». L’associazione sta cercando di capire se c’è un modo per aiutare l’imprenditore senza ulteriori esborsi di denaro.   Peraltro, non passa giorno senza che l’Associazione Vittime di Equitalia riceva segnalazioni di questo tipo. A una pensionata, sempre a Conegliano, è arrivata una cartella esattoriale con la quale le è stato chiesto di pagare il canone dell’acqua del  ’96. «A un’altra signora settantenne di Treviso - dice Ardenghi - sono stati tolti la casa e il bar senza che avesse ricevuto una sola comunicazione. Nel frattempo le è pure morto il marito e non sa che cosa fare». In molti casi, poi, i debiti sono prescritti ma i cittadini, per paura di finire nel tritacarne della malagiustizia e della malaburocrazia italiana, pagano lo stesso. «Lo fanno per paura di Equitalia - chiude Ardenghi -. Preferiscono tirare fuori i soldi, se li hanno, e rinunciare al proprio diritto alla prescrizione. Sto parlando di tributi anche di trent’anni fa». di Alessandro Gonzato

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