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Equitalia gli chiede 700mila euro: hanno sbagliato persona, ma deve pagare lo stesso

Un pensionato riceve una cartella relativa a una società che non ha mai fondato. "E' un furto d'identità", ma non c'è niente da fare
di Giulio Bucchi domenica 6 gennaio 2013

3' di lettura

  di Gianluca Veneziani «La giustizia è amministrata in modo che si è condannati non solo innocenti, ma anche ignari». La frase, tratta da Il processo di Kafka, descrive bene la situazione del signor Pier Giovanni Vandelli, pensionato 82enne, ex ristoratore bolognese adesso residente a Specchia (Lecce), costretto a versare 700 mila euro a Equitalia, pur senza aver mai contratto debiti con l’erario. Secondo la società incaricata della riscossione delle tasse, infatti, il signor Vandelli sarebbe titolare di una cooperativa, la «Risorse Brianza», con sede a Giardini di Naxos in provincia di Messina e insolvente nei confronti dello Stato. Peccato però che l’uomo non abbia mai fatto l’imprenditore né sia mai stato in Sicilia in vita sua. L’assurda vicenda, riportata da La Gazzetta del Mezzogiorno, viene raccontata a Libero dallo stesso Vandelli. «Nell’ottobre 2011», ci dice, «ho ricevuto la prima cartella esattoriale da Equitalia, che mi chiedeva di corrispondere un primo pagamento pari a 470 mila euro. Subito mi sono recato alla Camera di Commercio di Bologna, dove ho scoperto di essere stato registrato come imprenditore. Di fronte alla mia sorpresa, mi hanno detto che probabilmente avevo subìto un furto d’identità». Alcune persone senza scrupoli, infatti, avrebbero messo in atto un piano per creare una società fittizia, la «Risorse Brianza», intestandola a Vandelli, onde ricevere finanziamenti in attesa che l’ignaro titolare passasse a miglior vita. A quel punto Vandelli si è rivolto direttamente a Equitalia, per risolvere l’equivoco. «Sa cosa mi hanno risposto?», commenta il pensionato. «“La sua pratica è  tutta computerizzata. Lei faccia quello che deve fare, paghi il debito accumulato, poi le restituiremo i soldi, quando sarà dimostrato l’imbroglio”. Ma come faccio io a versare  tutto quel denaro, se percepisco una pensione di soli 500 euro al mese?». Il signor Vandelli ha quindi contattato il commercialista Maurizio Spadini, che nel suo studio di Roma avrebbe seguito e certificato l’iter di nascita della cooperativa. «Gli ho detto che, se aveva autenticato la mia firma, aveva commesso un falso. Lui mi ha risposto che eseguiva solo delle disposizioni e che potevo fare quello che volevo». Tornando a Bologna, Vandelli ha denunciato l’accaduto alla Guardia di Finanza, che lo ha invitato a rivolgersi a un avvocato. «Io però», continua l’uomo, «con la pensione che ricevo non posso neppure permettermi un legale». Ma le grane per lui non erano ancora finite. Nella vicenda è intervenuta a quel punto la Regione Sicilia, che prima ha diffidato Vandelli a chiarire alcune situazioni legate alla sua attività, e poi, il 7 dicembre 2012, ha perfino commissariato la sua società (che non è mai esistita!), richiedendogli «tutta la documentazione» e «un inventario dei beni della Cooperativa». Già pressato da Equitalia e dalla Regione Sicilia, Vandelli è finito anche nel mirino dell’Inps che, con una serie di ingiunzioni, gli ha chiesto di pagare i contributi ai (presunti) dipendenti della sua azienda. Una di questi, una certa Elisabetta Bertucci, si è rivolta addirittura al giudice del Tribunale di Monza, il quale ha imposto a Vandelli, in quanto titolare della società cooperativa «Risorse Brianza», di «pagare immediatamente la somma di 3.345 euro». La situazione psicologica del signor Vandelli, oggetto di un raggiro clamoroso, non può che essere precaria. «Avverto come una spada di Damocle sulla testa, non riesco a star tranquillo. Vorrei che lo Stato mi tutelasse di più, anche perché i miei stessi familiari, dopo tutto quello che è successo, hanno iniziato a dubitare di me. E dire che volevo soltanto godermi la vecchiaia».    

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