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Bollette, ecco chi guadagna grazie ai rincari: i nomi di chi fa soldi sulla pelle degli italiani

Sandro Iacometti
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Al netto degli annunciati interventi di compensazione del governo (che sta faticosamente cercando di recuperare 3-4 miliardi), dal primo ottobre su famiglie e imprese italiane si abbatterà un macigno di 9 miliardi di euro. Secondo gli ultimi, e non definitivi, calcoli dell'Autorità dell'energia l'aumento complessivo della bolletta della luce sarà di 6 miliardi, mentre quella del gas salirà di 3 miliardi. Gli incrementi delle tariffe, ha spiegato ieri il ministro dello Sviluppo, Giancarlo Giorgetti, ricordando all'Europa le sue responsabilità, «contribuiscono a far aprire gli occhi a tutti sul fatto che la transizione ambientale ha ed avrà un prezzo». Il concetto, scatenando polemiche e rimbrotti, è stato già espresso più volte anche dal ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani. Il senso è che se vogliamola rivoluzione verde dobbiamo pagare. Bene, cioè male. Ma che l'oltranzismo ecologista fosse una fregatura l'avevamo capito.

 

 

 

Tasche piene

Quello che non tutti sanno è che mentre la lotta al clima si prepara a svuotarci le tasche attraverso le bollette, c'è chi da qualche anno grazie a quella lotta le tasche se le riempie. E non si tratta solo dei produttori di rinnovabili, che si beccano 11 miliardi di incentivi pubblici l'anno (sempre coi soldi delle nostre bollette) e ora stanno vendendo l'energia agli stessi prezzi esorbitanti di chi usa i combustibili fossili per produrla, portando a casa profitti da sogno. Chi sta veramente facendo affari d'oro con la moda del green sono i colossi mondiali della finanza e le grandi multinazionali, che negli ultimi anni hanno inondato il pianeta di prodotti di investimento verdi e moltiplicato alla velocità della luce il valore delle loro azioni, facendo pensare a più di un esperto che ci siano tutte le caratteristiche per parlare di una nuova bolla, come quella che tra il '97 e il 2000 delle cosiddette dot-com, le società legate alla prima fase dello sviluppo di internet. Secondo il Fondo monetario internazionale al momento sono attivi 1.500 fondi azionari con il mandato per gli investitori di acquistare titoli di società con un buon punteggio riguardo alle tematiche ambientali. E chi ha bisogno di liquidità lo sa. La stima per il 2021 (grazie anche 250 miliardi di titoli che di qui al 2026 la Ue metterà sul mercato) è di poco meno di 500 miliardi di emissioni green. Una cifra stratosferica che consentirà di far salire il valore complessivo dei bond ecologici in circolazione a mille miliardi, con l'obiettivo di arrivare a 2mila entro il 2023. «Nell'andamento parabolico delle emissioni», ha scritto Marcello Minenna sul Sole 24 Ore, «sono riconoscibili alcuni segnali di una classica bolla speculativa, destinata a sfuggire in breve termine al controllo del regolatore».

Bolla finanziaria

Ma il fenomeno non riguarda solo i titoli di debito. La scorsa primavera l'indice S&P Global Clean Energy, che replica il prezzo delle azioni di 30 multinazionali attive nell'energia rinnovabile era schizzato in dodici mesi del 150%. Ora l'incremento si è affievolito, ma è sempre vicino al 40%. E gli analisti continuano a ritenere che i prezzi di Borsa siano totalmente disallineati rispetto al valore degli utili. Un sospetto confermato anche da un'analisi del Financial Times che ha calcolato tra l'ottobre 2020 e il marzo 2021 un livello di investimenti sul settore dell'energia pulita pari a 14 miliardi di dollari rispetto agli 1,3 miliardi registrati nello stesso periodo degli anni precedenti. Montagne di denaro che difficilmente riusciranno a fare la differenza nella lotta al clima. Secondo la ong britannica InfluenceMap, infatti, il 70% dei fondi verdi se ne frega dell'ecologia. Mentre solo qualche settimana fa le autorità americane e tedesche hanno avviato un'indagine sul gruppo Dws di Deutsche Bank. Motivo? Aver garantito credenziali ambientali fasulle.

 

 

 

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