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Potanin, l'oligarca diventato più ricco grazie alla guerra: sanzioni, il business con cui umilia l'Europa

di Daniele Dell'Orco sabato 16 aprile 2022

2' di lettura

La barzelletta raccontata da Vladimir Putin durante un meeting di una fondazione moscovita qualche giorno fa è già diventata un cult. Parlando degli oligarchi russi costretti a rinunciare alla bella vita in Occidente, Putin aveva ironizzato sulle loro mogli, che li avrebbero lasciati appena caduti in disgrazia. Ecco, non è il caso di Vladimir Potanin. Né di altri oligarchi che non solo non sono stati colpiti dalle sanzioni, ma dall'inizio della guerra in Ucraina sono diventati addirittura più ricchi. Potanin, la mente delle cosiddette aste «prestiti per azioni», che a metà degli anni '90 portarono alla svendita delle grandi aziende statali a pochi uomini d'affari tipo lui, ha un patrimonio di 25 miliardi di euro. Negli ultimi due mesi ne ha guadagnati circa 8.

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Com' è possibile? Semplice, perché alla sua azienda, la Norilsk Nickel, le sanzioni fanno un baffo. Anzi. Essendo il primo produttore di nichel e palladio al mondo, ha beneficiato dell'aumento dei prezzi delle materie prime e ha guadagnato il 18% in Borsa dal 24 febbraio ad oggi. In generale, nel 2021 il suo primo cliente è stata l'Unione europea, che ha acquistato da Signorile Nickel il 27% del nichel importato (quello di classe 1, fondamentale per le auto elettriche). Non solo. In questi giorni Potanin si è riappropriato, in saldo, di Rosbank, gruppo bancario che aveva venduto per oltre quattro miliardi di dollari alla francese Société Générale che però, costretta a rivedere i propri piani per via delle sanzioni, ora gliel'ha rivenduta per circa 1 miliardo. Potanin, organico all'apparato russo fin dai tempi di Boris Eltsin (di cui fu vice), è rimasto vicino al Cremlino anche nell'era Putin. Ora il mondo occidentale ha preso le distanze dalla sua figura, ma non dal suo nichel.

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Una sorte ironica che però non riguarda solo lui, ma diversi altri oligarchi impegnati nel settore delle materie prime strategiche di cui l'Occidente non può fare a meno.
Un altro profilo è quello di Oleg Deripaska, re dell'alluminio vicinissimo a Putin, colpito dalle sanzioni di mezzo mondo occidentale ma detentore di una quota importante di Strabag, gigante austriaco che tra i vari appalti recenti si è aggiudicato quello da quasi 1 miliardo per l'estensione della metro di Toronto. Di esempi ce ne sono vari, e comprendono diverse figure sotto sanzioni che non hanno nella realtà dei fatti accusato i colpi, come Arkady Rotenberg e Alisher Usmanov, semplicemente affidando le proprietà a prestanome, o intestandole a fondi offshore, o vendendo tutto prima di essere sanzionati. Qualcosa insomma, nel meccanismo sanzionatorio occidentale, non sta andando secondo i piani.

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