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Cortese, lo sfogo dell'imprenditore: "Vogliamo produrre di più ma un timbro ce lo impedisce"

Luigi Merano
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Vuole aumentare del 20% la produzione. Non vuole spostarsi perché quello stabilimento 10 anni fa l’ha salvato da una brutta fine, consentendo a una cinquantina di famiglie di continuare ad avere un lavoro. Lavoro che permette a sua volta a un altro stabilimento del gruppo, dove operano invece oltre 150 persone, di fatturare ed esportare. Però, c’è un però, da un anno è tutto fermo. Si aspetta un timbro, un’autorizzazione per incrementare l’attività. Autorizzazione che non arriva perché un comitato locale fa il diavolo a quattro e i politici del luogo sembrano fare ostruzionismo.

Siamo a Longarone, Belluno, stiamo parlando della Metalba che produce semilavorati di alluminio per molteplici settori: aeronautica, auto, moto, meccanica di precisione, attività sportive, etc... Metalba è seconda in Europa nel suo settore e lavora all’85% con materiale riciclato, efficientare la sua produzione in Cadore migliorerà appunto le prestazioni anche dello stabilimento a Bassano del Grappa, incrementando Pil e occupazione. Francesco Cortese, uno dei proprietari della società, non sa più cosa fare.

 

 

 

Dottor Cortese, sembra la via crucis...
«Ci domandano integrazioni ed analisi, tra cui da ultima una verifica delle polveri per 90 giorni continuativi, oltre alla misurazione del rumore dall’interno del cimitero monumentale di Longarone. Noi facciamo tutto quello che ci chiedono però non vediamo mai la luce in fondo al tunnel».

Perché secondo lei c’è un comitato che si oppone all’aumento produttivo dell’attività?
«Fondamentalmente il comitato crediamo avesse delle remore nei confronti della precedente gestione, magari per promesse non meglio identificate e mai mantenute. Nel contempo ritengono che una fonderia, come siamo noi, sia pericolosa ed inquini a prescindere. Pensano infine che le verifiche effettuate dagli enti preposti (Arpav, Vigili del Fuoco e Spisal) non garantiscano che l’attività operi effettivamente secondo le norme statali».

A inizio 2022 avete chiesto l’ampliamento della capacità produttiva dello stabilimento di Longarone o anche l’ampliamento dell’opificio industriale?
«Al momento noi abbiamo sempre e solo chiesto l’ampliamento della produzione senza modificare impianti e strutture esistenti, ma usufruendo di un pozzo di colata già esistente, del quale tuttavia non ci è stata concesso l’utilizzo. La precedente gestione aveva in realtà ricevuto l’autorizzazione alla realizzazione del pozzo nel 2010-2011 a fronte di opere di mitigazione da realizzarsi nel giro di pochi anni. Ebbene, vorrei precisare che queste opere sono già state realizzate da noi».

Cosa producete di preciso e quali sono i vostri clienti?
«La fonderia di Longarone produce esclusivamente billette di alluminio e sue leghe, la cui produzione è destinata in toto allo stabilimento di Bassano del Grappa.
Quindi l’unico cliente di Longarone è Bassano, che non si rifornisce da terzi. I nostri clienti? Commercianti europei e italiani, grossi operatori del settore roccia e sport a quello aereo e aeronautico, per citarne alcuni...».

Perché è così importante la svolta a Longarone per Bassano?
«L’ampliamento di Longarone è fondamentale per permettere la sostenibilità economica dello stabilimento stesso di Longarone e nel contempo per permettere all’impianto di Bassano di ampliare l’offerta ai propri clienti ed il conseguente giro d’affari. È ovvio che all’aumentare della produzione, ne consegue un efficientamento degli impianti e una riduzione dei costi per rimanere sul mercato, contro i player europei».

Più produzione significherà anche più inquinamento?
«Abbiamo rilevazioni che dimostrano come all’aumentare della produzione di Longarone si ottimizzerebbero i consumi energetici e calerebbero le emissioni».

 

 

 

Voi attendete l’approvazione della Via, la Valutazione di impatto ambientale, un atto amministrativo-politico. Il Comune sembra contrario, come mai? E la provincia?
«Bisognerebbe chiedere al sindaco Roberto Padrin, che è sia sindaco di Longarone che presidente della Provincia... Bisognerebbe chiedergli anche per quale motivo, solo a seguito della nostra richiesta di ampliamento produttivo, il Comune di Longarone nel luglio 2022 ha convocato la concertazione per il Piano di interventi relativo al Pat, Pat la cui creazione risale al lontano 2012 ma che non era mai stato oggetto di convocazione. In ogni caso noi abbiamo un documento, richiesto dalla provincia, nel quale il Comune dice che “la nostra area è classificata come ambito produttivo”».

Ha mai pensato di desistere nella sua battaglia e spostare la produzione?

«Il pensiero ci segue continuamente, ed oramai sinceramente siamo abbastanza demoralizzati. Non riusciamo a comprendere per quale ragione, solo perchè lo stabilimento si trova a Longarone è soggetto a questo accanimento, mentre gli stabilimenti che svolgono fonderie similari in Italia, non faccio nomi, hanno ottenuto ampliamenti produttivi senza grossi problemi, per non parlare degli stabilimenti esteri».

Il governo dice di puntare sulla sovranità energetica e sulla difesa del Made in Italy. Si sente di fare un appello al governo?

«Ci sentiamo decisamente soli, abbandonati al nostro destino. Non si ricevono aiuti per combattere contro i player europei e mondiali.La Germania predispone leggi statali ma demanda ai Lander la facoltà di applicare e aggiustare le norme in funzione dei diversi tessuti industriali locali; noi imprenditori Italiani invece, ci troviamo a combattere contro i mulini a vento, contro Comuni e province per le lungaggini burocratiche infinite legate all’ottenimento di semplici autorizzazioni e permessi che dovrebbero giungere quali semplici applicazioni di norme esistenti. Faccio un appello al governo e al presidente Luca Zaia... Dice che i pessimisti non fanno fortuna. Ma qua te lo fanno passare l'ottimismo».

Quante persone rischiano il posto se l’autorizzazione non dovesse arrivare?

«Di sicuro tutte quelle in Longarone, ma ci sarebbero molteplici problemi anche allo stabilimento di Bassano che dovrebbe attivarsi per cercare di creare un'alternativa, acquistado un'altra fonderia in altra località, ovvero creando ex novo una fonderia in altro territorio più proattivo verso gli investimenti privati con ritorno occupazionale». 

 

 

 

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