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L'Italia cresce più di Francia e Germania: i gufi rossi impazziscono

Michele Zaccardi
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L’economia italiana, seppur acciaccata, continua a correre. Certo, la velocità di crociera, se confrontata con gli anni scorsi, si è ridotta; quest’anno, stando alle proiezioni della Commissione, il Pil dovrebbe crescere dello 0,7%. Un rallentamento figlio della congiuntura internazionale, non certo brillantissima, e dell’impennnata dei tassi di interesse che deve ancora dispiegare appieno tutti i suoi effetti. Eppure, rispetto al periodo pre-pandemico, l’Italia registra un aumento del Pil del 3%, una performance nettamente migliore di quella degli altri grandi Paesi europei, e appena sotto la media Ue (3,5%), che però comprende numerose economie meno mature della nostra e quindi fisiologicamente più dinamiche. Secondo l’ufficio studi della Cgia di Mestre, che ha elaborato gli ultimi dati della Commissione Ue, la crescita messa a segno dall’Italia, quel 3% sul 2019, ci colloca in cima alla classifica dei quattro big d’Europa. Sul 2019, infatti, la Spagna è cresciuta del 2,3%, la Francia dell’1,8% e la Germania di appena lo 0,7%.

Certo, i Paesi più piccoli hanno fatto decisamente meglio: l’Irlanda è cresciuta del 33,1%, la Croazia del 13,4%, la Lituania dell’8,3% e la Slovenia del 7,7%. Ma sta di fatto che l’economia italiana ha dimostrato una dinamicità notevole, superiore ai partner europei comparabili per stazza, che le ha permesso di assorbire sia lo choc del Covid che quello energetico del 2022, limitando le conseguenze sociali delle due crisi. Anzi, annullandole. Non a caso, gli ultimi dati sul lavoro diffusi dall’Istat mostrano numeri da recordo. A ottobre il tasso di occupazione ha segnato il massimo storico, toccando il 61,8%. Mentre il numero degli occupati si è attestato a 23milioni e 694mila unità, un livello, anche in questo caso, mai raggiunto prima. Non solo. Rispetto a ottobre 2022, si sono creati 458mila posti di lavoro, un incremento trainato peraltro dai contratti a tempo indeterminato, visto che ci sono 455mila dipendenti permanenti in più, mentre quelli a termine sono calati di 64mila unità.

A spingere l’economia, spiega sempre la Cgia, sono stati il turismo, la manifattura, i consumi delle famiglie, gli investimenti e l’export. Ma un ruolo importante lo ha svolto pure lo Stato. Per attutire gli impatti delle due crisi, energetica e pandemica, i governi hanno messo sul piatto- tra contributi a fondo perduto, ristori, e crediti d’imposta - 270 miliardi di euro. Tra il 2020 e il 2022, i governi Conte e Draghi hanno stanziato a sostegno di famiglie e imprese 180 miliardi di euro. Mentre per mitigare i rincari dell’energia, gli esecutivi Draghi e Meloni hanno erogato altri 90 miliardi di aiuti. Denaro che ha sì gonfiato il debito, come ricorda la Cgia, ma ha anche permesso «di non far non far collassare l’economia del Paese». Per quanto riguarda l’anno in corso, le previsioni sono meno rosee. L’Italia, secondo le stime della Commissione Ue, dovrebbe crescere dello 0,7%, un dato nettamente inferiore al +2,4% della Spagna e leggermente più contenuto rispetto al +1% della Francia. La Germania, invece, con una contrazione dello 0,3% rispetto al 2022, chiuderà l’anno in recessione. 

 

 

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