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Economia, un vero patto sociale per rilanciare la capacità di produrre: una sfida per il 2024

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È tempo di tirare le somme di un anno che sicuramente non sarà dimenticato, soprattutto a causa del costo della vita e dei conflitti internazionali, sempre più vicini a noi. Già l’inflazione ha scardinato parte rilevante del nostro sistema socio-economico,il suo salto in avanti, cumulato nell’arco di un anno e mezzo, ha superato il 18%, mentre il carrello della spesa di alimentari e generi per la persona e la casa il 30%, con punte sensibilmente più elevate. Peggio ancora è andata per l’energia, che dopo impennate impensabili nello scorso anno, pur sostanzialmente ridimensionate già dalla primavera, è rimasta con prezzi superiori del 20% a quelli pre-Covid.

Questi dati bastano per far capire che la grande parte degli italiani han visto frantumarsi abitudini consolidate e che hanno dovuto e optare per nuovi modelli, ridimensionando ad esempio le temperature di caloriferi e condizionatori. È bene, però, aggiungere che i consumi hanno sostanzialmente tenuto e così il ricorso ai depositi bancari. Di certo la politica adottata dal governo Meloni e dal precedente esecutivo Draghi, per sostenere le fasce più deboli ha evitato uno sconquasso sociale. Parimenti a salvare il nostro Pil è stato il turismo, particolarmente prolungato nei mesi, soprattutto quello straniero e per lo più facoltoso, mentre il manifatturiero dal III quadrimestre ha iniziato una discesa che porterà la produzione industriale per l’intero anno a -5 punti anno su anno. La guerra in Ucraina e da ottobre quella israeliano-palestinese, che rischiano di allargarsi e durare per tutto il 2024, hanno sicuramente contribuito a definire incertezze e fragilità nell’anno che stiamo per salutare.

Parimenti l’economia mondiale - Stati Uniti a parte - ha visto un brusco rallentamento dovuto al deteriorarsi della politica economica cinese che, dopo quella americana, rappresenta un riferimento fondamentale. Tornando a casa nostra, il grande rompicapo si chiama debito pubblico e i circa 100 miliardi di euro annui d’interessi da corrispondere agli investitori che, per ben oltre la metà sono italiani (famiglie, banche, assicurazioni e fondi pensione). Incasellare il debito pubblico è fondamentale ma per riuscirci serve una crescita del pil non inferiore al 2% e mantenuta per un lungo periodo. Il rischio di sfondare la soglia reale e psicologica dei 3 trilioni di miliardi di euro è purtroppo realistico, solo una ragguardevole crescita e una diminuzione degli sprechi della spesa pubblica lo possono evitare. Entrambe le componenti sono difficilmente attuabili nel 2024 e, realisticamente, ci vorranno diversi anni. Sicuramente la messa a terra del Pnrr, ovvero lavori e occupazione, sarà un fattore sostanziale perché il sistema economico nel 2024 non arretri e riesca a portare a casa un segno più, seppur atteso sotto il punto percentuale. Sicuramente non si può aspettare miracoli dal governo, finora ha evitato lo sconquasso sociale, e adesso fa bene a coinvolgere di più la parte datoriale e i sindacati dei lavoratori. Da essi e con essi si può ripartire.

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