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Tesla abbassa prezzi crolla Stellantis avvia Cig Mirafiori

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Benedetta Vitetta
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"È tutto rivoluzionario, molto alternativo, pulito e sano ma tutto questo, per ora, è ancora molto poco praticabile». Si parla del passaggio dai motori tradizionali e quelli elettrici, più green e sostenibili. E a dirlo sono i giudici della Corte dei conti Ue che nelle scorse ore hanno rimesso in discussione l’intero impianto dell’agenda, decisa ai piani alti di Bruxelles, che finora ha raccolto più critiche che elogi. «C’è praticamente tutto a non funzionare» osservano i revisori dei conti europei: dalle batterie costose da produrre e vendere, all’estrema dipendenza dall’estero, a carburanti alternativi insostenibili fino alle poche colonnine elettriche. «È Si una strada tutta in salita» che sarà difficile rendere percorribile persino nel medio termine.
 

SETTORE A RILENTO
Insomma il neonato elettrico è già in crisi. E stenta a crescere. Questo è lo scenario attuale che stiamo vivendo in Occidente nonostante i colossi globali dell’automotive ce la stiano mettendo tutta per far sì che, entro il 2035, in Europa si possa dare l’addio ai motori tradizionali e si viaggi su auto e veicoli commerciali meno inquinanti e più a misura di Green Deal. Ma tra il dire e il fare, si sa, c’è il mare di mezzo. Meglio un oceano immenso di soldi non solo per produrre questi veicoli, ma anche per i costi ancora elevati delle vetture elettriche (e pure delle batterie) che non son certo alla portata della maggior parte dei consumatori, e poi è ancora complicato l’approvvigionamento di materie prime (di cui tra l’altro l’Occidente è pressochè priva), così come il potenziamento di ricariche sul continente Ue. Inoltre non è affatto detto che la diffusione su vasta scala delle auto pulite faccia ridurre il livello delle emissioni visto che le auto tradizionali comunque continueranno a viaggiare. A tutto questo s’aggiunge il fatto è in atto una “guerra dei prezzi” tra Occidente e Oriente per accaparrarsi più quote di mercato possibile. Una guerra che fa male visto che se i Paesi asiatici, Cina in primis, hanno per ora campo libero e dominano il pianeta grazie a costi di produzione infinitamente più bassi rispetto a quelli occidentali. Questi ultimi invece arrancano e non riescono a star al passo dei competitor. E continuano a perdere quote...

 

 

GUERRA DEI PREZZI
Proprio ieri, ancora una volta, Tesla ha deciso di dare un’altra sforbiciata ai listini per essere più attrattiva nei confronti degli automobilisti che vogliono acquistare un auto green. Un taglio di altri 2mila dollari rispetto ai prezzi delle vetture cinesi. Così alla vigilia della diffusione dei dati di bilancio del gruppo, la Model 3 rinnovata è scesa a 231.900 yuan (circa 32.000 dollari) dai precedente 245.900 yuan, tornando al prezzo di lancio. Mentre la Model Y è stata scontata fino a 249.900 yuan, il livello più basso degli ultimi 5 anni. Immediata la reazione in Borsa dove Tesla ha perso parecchio terreno (a metà seduta era in calo del 6%, ndr). Una mossa che ha innescato una corsa al ribasso per la maggior parte dei player asiatici. Li Auto (-8,3% a Hong Kong) ha dovuto sforbiciare del 6-7% i suoi listini. Hanno chiuso in rosso pure Nio (-1,66%), Xpeng (-2%) e Byd che, però, è riuscita a contenere i danni. Intanto, in Italia è scattato il contratto di solidarietà anche per i 1.174 dipendenti di Stellantis a Mirafiori impiegati sulla linea della 500 elettrica: una solidarietà che durerà dal 23 aprile al 4 agosto. Una misura che s’aggiunge a quella che riguarda già i 968 lavoratori delle linee Maserati. Ciò dimostra che la forza lavoro c’è, ma produrre costa  davvero troppo.

 

 

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