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Bce, il disastro della Lagarde: come ha affondato Piazza Affari

Christine Lagarde

Sandro Iacometti
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Il verdetto sul mini taglio della Bce è chiaro. Milano -0,5%, Francoforte -0,51%, Parigi -0,48%, Madrid -0,34%. Se poi vogliamo dare un’occhiata ai titoli di Stato, la musica non cambia: a fine seduta il differenziale di rendimento tra il Btp decennale e il pari scadenza tedesco si è attestato a 134 punti, 2 punti base in più rispetto al riferimento di giovedì. Segnale ancora più netto è arrivato dal rendimento del bond governativo, che ha terminato gli scambi al 3,95%, dal 3,86% del giorno precedente. Gli analisti inizialmente hanno dato la colpa ai dati sull’occupazione Usa, superiori alle attese e quindi non adatti a spingere la Fed, già attendista di suo, a partire con la sforbiciata dei tassi. Però in serata Wall Street ha virato al rialzo, viaggiando sopra la parità.

La realtà è che madame Christine Lagarde, ancora una volta, ha deluso tutti. O quasi. Già, perché c’è chi, come Federico Fubini del Corriere della Sera, le attribuisce addirittura il merito di aver salvato l’Italia con gli acquisti dei titoli di debito ed elogia la sua «ambiguità» nel definire un percorso futuro di politica monetaria (atteggiamento da anni nel mirino di moltissimi autorevoli osservatori) come un esercizio di «raffinatezza» che serve a proteggere «il tasso di cambio dell’euro», perché in fondo, spiega Fubini, «nessuno capisce davvero le dinamiche dei prezzi di questi anni». Cosa che, non ce ne voglia il bravo giornalista economico, dovrebbe essere proprio il compito della Banca centrale europea.

 

 

Ma c’è persino chi, come l’economista della Bocconi, Carlo Maria Pinardi, si avventura pure, in un’intervista al Quotidiano nazionale, in una spericolata associazione tra voto delle Europee e politica monetaria della Bce. «Se dalle urne dovesse uscire una maggioranza sovranista», ammonisce il prof, l’Eurotower «avrà un atteggiamento più prudente».

Al di là del bizzarro accostamento, resta difficile immaginare quale atteggiamento possa essere più prudente di quello assunto giovedì dalla Lagarde, che si è per l’ennesima volta rifiutata di ammettere che il primo taglietto dello 0,25%, dopo una raffica di dieci rialzi che ha portato in due anni i tassi di interesse da zero al 4,5% , sia l’inizio di un ciclo di riduzione, ribadendo che la Bce proseguirà ad agire «riunione per riunione» sulla base dei dati. Il che significa viaggiare, come è stato fatto finora, all’inseguimento della congiuntura economica senza mai riuscirne a prevedere la benché minima mossa.

L’unica anticipazione su cui si sono sbilanciati gli esperti di Francoforte è, manco a dirlo, negativa.

 

 

La Bce ha infatti spostato a fine 2025, dall’iniziale previsione di metà anno, la discesa del ritmo dei prezzi al suo obiettivo del 2%. E mentre tutti gli istituti internazionali incalzano le imprese a rinnovare i contratti per garantire un po’ di recupero del potere di acquisto delle famiglie, la Lagarde è terrorizzata dall’eventualità, dopo l’accelerazione delle retribuzioni salariali per lavoratore nel primo trimestre a +5,1% contro il +4,9% dei tre mesi precedenti.

Insomma, il copione è sempre lo stesso. Prima di muovere le sue pedine la Bce vuole essere sicura che le economie della Ue siano alla canna del gas. Qualsiasi accenno di ripartenza, congelerà le future sforbiciate. Il classico cane che si morde la coda, dove a farne le spese saranno imprese e famiglie. «Una riduzione del tutto marginale dopo 9 mesi di stallo e annunci, a cui non seguono ulteriori indicazioni», commenta il presidente di Confimi, Paolo Agnelli, «e noi industriali cosa ci scriviamo nel conto economico?». 

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