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Pd da record: ecco tutte le nuove tasse che ha provato a rifilarci in soli tre mesi

di Michele Zaccardi venerdì 27 dicembre 2024

4' di lettura

«Penso che faccia bene Lula a chiedere ai governi una tassa internazionale sui super ricchi». Elly Schlein come il presidente brasiliano. Rispolvera il socialismo – un po’ à la carte -, la segretaria dem, convinta che i problemi dell’economia italiana si risolvano soltanto attraverso una redistribuzione abborracciata. Il cui architrave è la sempreverde patrimoniale, la panacea dei progressisti, un po’ come i salassi perla medicina medievale. «Bene una tassazione progressiva, ma non alzando le tasse al ceto medio» ha sottolineato qualche tempo fa Schlein, rilanciando l’idea di una patrimoniale a livello «europeo, internazionale, concertato». E la proposta ha già una sua concretezza. Al congresso di Malaga del novembre 2023, il Partito socialista europeo, di cui fa parte il Pd, ha approvato una risoluzione per chiedere l’introduzione di una tassa comunitaria sui grandi patrimoni. Il Pse in realtà ha fatto propria un’idea lanciata dall’economista Thomas Piketty, che prevede di tassare i patrimoni dell’1% più ricco, che detiene quasi la metà della ricchezza finanziaria del Vecchio Continente. Secondo alcune stime, la patrimoniale europea potrebbe generare un gettito annuo monstre, pari a 286,5 miliardi di euro.

Ma non è solo questo a rendere il Pd il partito delle tasse. Negli ultimi tempi i segnali della tentazione di mettere le mani nei portafogli degli italiani si moltiplicano. L’ultima trovata è del sindaco di Bologna, il dem Matteo Lepore. Il quale ha proposto di istituire un fondo contro le alluvioni che, sempre più di frequente, stanno colpendo la sua città (e l’Emilia-Romagna). Ovviamente, i bolognesi saranno chiamati a finanziarlo, attraverso una «compartecipazione». «Vorremmo realizzare un fondo» ha annunciato il primo cittadino «per la riparazione e l’adattamento climatico rivolto alla città». L’obiettivo, dopo aver speso milioni per interventi emergenziali, ha spiegato Lepore, è di rendere «ordinario quello che solitamente è straordinario». Bologna, è il ragionamento, non può permettersi di aspettare che da Viale Aldo Moro (sede della Regione), da Roma o da Bruxelles arrivino le risorse necessarie per mettere in sicurezza la città. Da qui l’idea di un fondo «da creare con le nostre risorse, ma da aprire anche alla partecipazione di altri soggetti come fondazioni, imprese private, istituti bancari, Camere di commercio». Ma anche con un contributo dei bolognesi. «Chiederemo una compartecipazione alla cittadinanza» ha detto Lepore, prima di correggere il tiro il giorno successivo: «Non ho mai parlato di tassa, ho detto che dobbiamo costituire un fondo e discutere insieme alla città e al Consiglio comunale su come trovare le risorse». In ogni caso, la proposta è già pronta. E verrà presentata al Consiglio comunale e alle parti sociali per la variazione di bilancio di febbraio.

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Ma non è finita qui. Mentre infatti l’idea di Lepore, pur con le sue criticità, si configura come una tassa di scopo (ovvero finanziare il contrasto ai cambiamenti climatici), il sindaco di Milano Beppe Sala vuole solo fare cassa. Per questo la maggioranza di sinistra ha proposto di alzare l’addizionale comunale Irpef dallo 0,8 allo 0,9%. E giovedì scorso il Consiglio comunale di Milano ha approvato un ordine del giorno, legato al Bilancio di previsione 2025, che chiede «dal 2026 l’innalzamento della soglia di esenzione dell’addizionale Irpef, attualmente a 23mila euro». Una misura che va di pari passo con la richiesta che la stessa maggioranza ha fatto al governo: estendere anche al Comune di Milano la possibilità di ritoccare il limite massimo dell’addizionale dallo 0,8% allo 0,9%, come già avviene a Roma, «per applicare l’aumento solo ai redditi più alti». Si parla, in via ufficiosa, di redditi superiori ai 78mila euro. Insomma, servono soldi: pochi maledetti e subito. Nel 2024 il Comune di Milano ha incassato dall’addizionale Irpef 210 milioni di euro, mentre la previsione per il prossimo anno si aggira sui 220 milioni (con l’aliquota allo 0,8%). Con un ritocco dello 0,1%, portando cioè il parametro allo 0,9% (spalmato però su tutti i contribuenti, senza considerare la maggiore soglia di esenzione), Palazzo Marino avrebbe un maggior gettito di circa 27 milioni di euro. Toccherà alla giunta, e quindi al sindaco Beppe Sala, dare seguito alle due proposte.

Dalla Lombardia alla Toscana. Dove il governatore Eugenio Giani, anche lui del Pd, è alle prese con i buchi della sanità regionale. Sono soprattutto gli sprechi denunciati dall’opposizione in consiglio regionale a rendere traballante il bilancio della Toscana. E a costringere la giunta ad alzare l’addizionale Irpef. Il buco che anno per anno, e con grande fatica, viene coperto con altre entrate è di circa 200 milioni di euro. Qualche settimana fa Giani si è rimangiato la promessa di riportare l’addizionale regionale al livello del 2023. Ha dato la colpa ai mancati introiti del payback sanitario, ovvero ai soldi che le aziende devono dare alla regione per coprire gli sforamenti della spesa sanitaria. Solo «una scusa» attacca Fdi tramite il presidente della Commissione controllo, Alessandro Capecchi: «La verità è che il bilancio sanitario della Toscana è in deficit strutturale».

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