La Borsa ai massimi dal 2007. E i titoli di Stato vanno a ruba

Spinta dai venti di pace, Piazza Affari supera i 43mila punti, azzerando tutte le crisi degli ultimi 18 anni. Intanto a giugno gli acquisti di Btp segnano il record dal 2019
di Sandro Iacomettimercoledì 20 agosto 2025
La Borsa ai massimi dal 2007. E i titoli di Stato vanno a ruba

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Il tormento dei gufi, che da tre anni sperano nella tempesta finanziaria per cacciare Giorgia Meloni da Palazzo Chigi, sta superando i livelli di guardia. Prima le conferme e le promozioni arrivate dalle agenzie di rating. Poi lo straordinario successo delle emissioni di titoli di Stato dedicate ai risparmiatori. Come non bastasse, lo spread con i Bund tedeschi da quando il centrodestra è al governo è sceso da 240 a 80 punti. E allo stesso tempo si è praticamente azzerato (da 200 a 11 punti) il differenziale con Parigi, che malgrado le sue scintillanti A (di rating) sul petto e un debito inferiore al nostro viene ormai considerato dagli investitori un porto meno sicuro del nostro. L’ultima beffa per i profeti di sventura arriva dalle sale operative di Piazza affari. Spinto dai venti di pace che hanno messo benzina a tutti i listini del Vecchio continente il FtseMib, udite udite, ha superato quota 43mila punti, livello che non si raggiungeva dal 2007.

In pratica, la Borsa ha azzerato tutte le perdite della devastante crisi dei mutui subprime del 2008 (Lehman Brothers & C) e la terribile bufera del 2011 che ha addirittura fatto vacillare l’euro (ricordate il whatever it takes di Mario Draghi?). Per chi vede il baratro dietro l’angolo e da mesi annuncia l’apocalisse non è un momento facile, bisogna ammetterlo. Anche perché i dati positivi si accavallano ormai senza soluzione di continuità. Dopo aver gelato i gufi qualche giorno fa, segnalando che la quota di debito in mano agli investitori esteri è tornata al livello del 2011, ieri Bankitalia è tornata sul luogo del delitto, snocciolando il suo bollettino della bilancia dei pagamenti con l’estero, che ha segnato a giugno un surplus di 26,1 miliardi. Ebbene, gran parte di quelle somme spese in Italia sono finite proprio sui Btp.

«Un rilevante contributo è derivato dagli investimenti in titoli di portafoglio italiani, cresciuti di 45,5 miliardi, di cui 34,2 in titoli pubblici», spiega Bankitalia. Cifra che non è proprio trascurabile, considerato che si tratta del livello di acquisti mensili di bond pubblici più alto dal 2019. Non si attenua neanche il clamore provocato dall’allineamento dei rendimenti (che misurano il livello di rischio) dei titoli italiani con quello dei corrispettivi francesi. Dopo le analisi del Financial Times e di Bloomberg, ieri la notizia è finita sulle pagine di Le Monde, che non ha molto gradito la novità. «Per i francesi», scrive il quotidiano d’Oltralpe, «è doloroso sentirlo dire. Ma agli occhi di gran parte degli investitori non ci sono più dubbi: l'Italia di Giorgia Meloni è ormai credibile quanto la Francia in materia di finanze pubbliche. Se non di più». La delusione degli arroganti cugini è cocente: «In tre anni Roma ha ridotto notevolmente il proprio deficit pubblico, mentre Parigi ha lasciato che il proprio aumentasse. Agli occhi degli investitori, l'Italia è ormai credibile quanto la Francia». I numeri parlano chiaro: «Nel 2011 e nel 2012 l'Italia era considerata così instabile e inaffidabile che gli investitori chiedevano fino a 400 punti base (4%) in più rispetto al tasso francese: mentre la Francia pagava il 3% all'anno, l'Italia doveva pagare il 7%. Da allora, questo premio di rischio si è ridotto drasticamente. Il 15 agosto di quest'anno è sceso a meno di cinque punti base per il riferimento principale, con un rimborso a dieci anni. Una situazione senza precedenti dal 2005». Anche i francesi, come le opposizioni nostrane, dovranno farsene una ragione.