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Armani, l'apertura del testamento: l'impresa di famiglia che ha reso grande il gruppo

di Benedetta Vitetta domenica 7 settembre 2025

3' di lettura

In Italia, sono diversi i gruppi importanti che hanno deciso di snobbare la Borsa. Il motivo è presto detto: sono imprese familiari - anche molto grandi- che, però, riescono ad autofinanziarsi e che non hanno problemi di successione. Tra i tanti ci sono Ferrero, Esselunga, ma anche Barilla, Marcegaglia e Menarini solo per citarne alcuni. E tra queste c’è da annoverare pure la maison di moda, Giorgio Armani Spa.

Che si è sempre tenuta ben lontana da Piazza Affari. Diversi anni fa durante un’intervista su un suo ipotetico ingresso nel mercato azionario, lo stilista-imprenditore rispose: «No, la Borsa no. Io la vedo come qualcosa di un po’ indecifrabile. E, comunque, ho preso come impegno preciso il fatturare sempre di più, anche quando i tempi non lo permettono. Questa è una cosa particolarmente impegnativa, una condizione che può anche essere sfavorevole per un’azienda, costretta magari a fare anche salti mortali - magari senza fondamento - solo per accontentare gli azionisti». Tra gli stilisti più amati al mondo, Armani non ha mai nascosto di voler portare avanti «da solo» la sua «impresa di famiglia». Portandola avanti in totale libertà e restando sempre lui il padrone, come si confà a un Re: «A volte mi sento un imprenditore vecchio stampo, di quelli che tiene ancora i soldi sotto il materasso» ha ribadito più volte nella sua lunga vita.

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Insomma niente Borsa, ma nemmeno l’intenzione di cedere l’attività a maison più importanti - leggasi Lvmh, Kering o Arnault - per la smania di poter ritrovarsi in mano un bel gruzzoletto di denaro da gestire. Questo non era certo la mentalità con cui ha portato avanti la sua vita “Re Giorgio” che, fino all’ultimo ha sempre continuato a lavorare. Come ha fatto fin da giovane, dopo aver fatto il vetrinista per poi iniziare a lavorare come sarto. Così, tra pochi affetti e molto lavoro, ha passato l’intera esistenza. Ma non aveva certo escluso che dopo la sua scomparsa fosse possibile anche un eventuale approdo in Borsa o una fusione con un’altra maison di moda. Ma finchè è rimasto in vita non solo è riuscito nell’intento di creare e allargare, in maniera diversificata, il suo grande “impero” che oggi vale circa 13 miliardi di euro.
Ora occorre attendere ancora qualche giorno per conoscere il destino dell’impero Armani.

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Il testamento di “Re Giorgio” sarà aperto nei giorni successivi al suo funerale, Intanto i dipendenti hanno fatto sapere che tuteleranno insieme con la famiglia, il patrimonio e il volere del signor Armani. «In questa azienda ci siamo sempre sentiti parte di una famiglia (anche in questi tristi giorni ritorna il «valore dell’impresa familiare” che lui ha sempre portato avanti con ardore, ndr). Come sarà divisa l'eredità si saprà solo dopo l’apertura del testamento. Da quel momento entrerà in vigore il nuovo statuto - predisposto nel 2016 e ritoccato nel 2023 - che prevede sei categorie di azioni (dalla A alla F), con diritti di voto e prerogative di governance differenziate ma uguali diritti patrimoniali. Un ruolo centrale l’avrà la Fondazione Armani, in cui siederanno tre persone scelte da Armani e che avrà il compito «di garantire l'equilibrio nella Giorgio Armani Spa», assicurare l’armonia" tra gli eredi ed evitare che il gruppo «venga acquistato da altri o spezzettato». Lo statuto, modificabile solo con il 75% dei voti in assemblea, al pari di fusioni e scissioni, impone di dare «priorità allo sviluppo continuo a livello globale del nome 'Armani'». Solo dopo 5 anni dall’adozione dello statuto sarà possibile valutare l'ingresso in Borsa.

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