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Donald Trump taglia le tasse sulle mance e riporta gli operai nelle fabbriche

Il presidente contro i lavoratori? L'ultima balla spaziale: dalla Casa Bianca altri "schiaffoni" alla propaganda dem
di Sandro Iacomettigiovedì 6 novembre 2025
Donald Trump taglia le tasse sulle mance e riporta gli operai nelle fabbriche

3' di lettura

Camerieri, baristi, musicisti, cantanti, addetti alle pulizie, guide turistiche. No, non sono le categorie che a New York si sono precipitate alle urne per votare Zhoran Mamdani, il nuovo sindaco paladino dei deboli e degli oppressi già diventato l’icona dei progressisti mondiali, a partire dai nostri sempre a caccia di una bandiera da sventolare.

Quelle figure professionali, udite udite, sono alcune di quelle a cui quel cattivone di Donald Trump. difensore dei ricchi e dei privilegiati, nume tutelare dei capitalisti spietati, farà avere un bel po’ di dollari in tasca grazie da una piccola (e trascurata) riforma dai grandi benefici. Solo qualche settimana fa il Dipartimento del Tesoro ha diffuso le linee guida per l’applicazione della norma introdotta dall’ultima legge di Bilancio, il One Big Beautiful Bill Act, che prevede l’esenzione fiscale su una parte dei redditi derivanti dalle tips. Secondo il provvedimento, dipendenti e lavoratori autonomi potranno dedurre fino a 25.000 dollari all’anno di mance nel periodo 2025-2028. Oltre i 150.000 dollari di reddito lordo (300.000 per le dichiarazioni congiunte) il beneficio si riduce progressivamente fino ad azzerarsi.

Una goccia nel mare? In realtà un tassello di una strategia ampia e ben precisa, in cui, guarda un po’, rientrano anche i dazi, che mirano a reindustrializzare l’America dopo decenni di desertificazione produttiva, a partire da quella del Rust Belt, che ha lasciato senza lavoro decine di migliaia di operai dell’area tra i monti Appalachi e i Grandi Laghi, in cui è cresciuto anche il vicepresidente J. D. Vance.

Con il One Big Beautiful Bill Act, spiega Lorenzo Montanari, vicepresidente (affari internazionali) dell’Americans for Tax Reform, Trump «ha reso permanenti le misure fiscali introdotte con il Tax Cuts and Jobs Act del 2017, che è stata la più importante riforma fiscale degli ultimi decenni: riduzione dell’aliquota massima sul reddito, taglio dell’imposta societaria dal 35% al 21%, semplificazione del sistema fiscale, sostegno alle famiglie con il raddoppio del credito d’imposta per i figli ed eliminazione della penalità dell’Obamacare». Tanto per avere un’idea dell’impatto devastante sulle classi più deboli, che poi sono quelle, piaccia o no, che hanno votato in massa per Trump alle ultime elezioni, la riforma «ha fatto scendere la disoccupazione al 3,5%, livello più basso degli ultimi 50 anni».

Quanto alla detassazione delle mance (e degli straordinari) Montanari precisa che la riforma porterà benefici «a ben 19 milioni di americani che, declinato in termini demografici, riguarderà la maggioranza dei latinos, asiatici e afroamericani ovvero quei segmenti lavorativi maggiormente coinvolti, per esempio nei sei settori: della ristorazione, del car-sharing».

In barba a chi ha le idee un po’ confuse e pensa ancora che Trump lavori per i magnati di Wall Street e che Mamdani sia la sua nemesi, Montanari è convinto che il taglio dei balzelli «contribuirà sicuramente a rafforzare il trend elettorale verso il partito repubblicano dei latinos, asiatici e afroamericani che ha contribuito alla vittoria di Trump nel 2024».

Secondo le stime, «questa politica potrà contribuire a un aumento del Pil di circa l’1% annuo, creare un milione di nuovi posti di lavoro e migliorare i salari reali». Insomma, da una parte i sogni buonisti e la propaganda, dall’altra le assunzioni e le buste paga più gonfie. Non è un caso, in fin dei conti, che la sinistra italiana sia in estasi per Mamdani.