La finanziaria 2026 intende profilare una serie di provvedimenti che spingono nella direzione delle fasce più deboli e puntano a raggiungere tre obiettivi: crescita del Pil oltre l'1,2%, ridurre il divario tra potere d'acquisto e salari e rilanciare i consumi, in modo da ridar fiato alla marcata del settore manifatturiero. Una manifattura che paga lo scotto per essere più costosa, meno redditizia e in forti ritardi in termini di innovazione tecnologica e preparazione degli addetti. Elementi che sommati portano un'offerta, interna e sui mercati internazionali, in ambasce, nonostante il prestigio del Made in Italy e la forte capacità dei nostri imprenditori di collocare i prodotti in ogni dove nel globo.
Il recupero di competitività non può che avvenire attraverso gli investimenti in R&S che si possono realizzare con l'innovazione tecnologica, purtroppo dimensioni, scarso capitale proprio e sovente inefficienze manageriali, spingono a peggiorare la capacità di reggere le difficoltà che, da aprile in poi, sono aggravate dai dazi Trumpiani e da un cambio dollaro così debole da avere perso, da inizio anno, oltre 12 punti sull'euro. L'assestamento del cambio dovrebbe attestarsi sull'euro sull'1,15, troppo alto per reggere insieme cambio e dazi.
Difficile ritenere qualunque supporto pubblico, se non in molte decine di miliardi di euro, di essere in grado di ridare impulso all'industria italiana, servire allora più che finanziare - visto le modeste possibilità - alleggerire le condizioni che rendono debole il sistema produttivo. Tra le prime, per parte rilevante di ogni tipo di produzione , c'è un costo dell'energia, superiore del 50% a quello dei competitor Ue, facile a dirsi, gran rompicapo riuscirci. Il disaccoppiamento tra prezzo del gas e dell'elettricità, tanto sbandierato dalle aziende energivore, è una misura macroeconomica per separare le due voci di prezzo, ovvero di puntare alla separazione del modello in cui i due prezzi vengono distinti con quelli dell'elettricità che sono più stabili e prevedibili, a differenza di quelli del gas.
Ad adottare il modello in Europa sono, per ora, solo la Spagna e il Portogallo, entrambi i Paesi sono ai vertici della crescita del Pil 2024, il primo quasi del 2% e il secondo del 3,5%, previsioni confermate per l'anno in corso. Una seconda esigenza da correggere è il costo della burocrazia, che non è solo pubblica, ma sempre più anche privata da parte dei grandi gruppi a discapito del tessuto socio-economico, che ingessa i tempi e allontana gli investimenti. Per almeno limitarla nel pubblico serve la modernizzazione dell'intero apparato, mentre per il grande privato è una questione di economia di scala nel rapporto tra costi e benefici. Terza maxi esigenza deve essere ridimensionare evasione ed elusione, attraverso una politica dissuasiva che ne riduca l'attuale incidenza di oltre il 10% sul Pil, pari a circa 190 miliardi, di almeno l'1% annuo, in modo da dimezzarla in 5 anni.
Per riuscire nell'intento servirebbe un grande patto Paese tra politica, categorie economiche e sindacali, ma anche un senso di appartenenza al Paese in cui ciascuno, evita di sovraccaricare a discapito degli altri ea proprio vantaggio, ossia tutti quei comportamenti modello “mattonino LEGO”, fatti di evasione, scarsi impegno e rispetto e utilizzo della cosa e del servizio pubblico e tante altre minuzie che si uniscono diventano valanghe a discapito del sistema socio-economico, ovvero di tutti noi.