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I giudici ci spaventano e chiudono il reality delle intercettazioni

Maurizio Belpietro
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Chiedo scusa se mi distraggo un po', evitando di commentare le ultime chiacchiere di Matteo Renzi di ritorno dagli Stati Uniti. Ma più della visita alla Casa Bianca del nostro presidente del Consiglio, e più dell'uso propagandistico che se ne sta facendo in Italia nonostante il premier non abbia ottenuto da Obama nemmeno una delle cose che chiedeva, mi preme approfondire un argomento che potrebbe cambiare il modo di intendere l'informazione nei prossimi anni. A che cosa mi riferisco? È presto detto. Tutti quanti sappiamo che con Mani pulite si è creato un rapporto tra magistratura e stampa e questo rapporto ha condizionato la vita delle istituzioni negli ultimi vent'anni, provocando cadute di governi e brusche interruzioni di carriere politiche oltre che imprenditoriali. Qualsiasi refolo uscito dalle Procure - soprattutto quando riguardava persone note - è stato amplificato a dismisura dai giornali e spesso i processi si sono fatti prima sulle pagine dei quotidiani che nelle aule dei tribunali. Anzi, diciamoci la verità: dibattimento e condanna si sono tenuti solo sulla stampa, perché certe inchieste non sono arrivate mai di fronte alla giustizia. Basti citare l'ultimo caso, ovvero quello dell'ex ministro dei Lavori pubblici Maurizio Lupi, il quale non è mai stato indagato ma per il solo fatto di essere stato intercettato a colloquio con un indagato è finito in prima pagina, processato e condannato, ma solo dall'informazione. Continua a leggere l'editoriale di Maurizio Belpietro su Libero in edicola oggi, domenica 19 aprile o acquista una copia digitale 

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