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La Cina aprirà una sua base militare a Gibuti

Matteo Legnani
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Va bene fare affari in Africa con miniere, petrolio e grandi opere. Ma alla Cina il business non basta più. Pechino, che negli ultimi vent'anni è diventata la potenza dominante nel continente nero, vuole ora metterci gli scarponi. Quelli dei suoi soldati, oltre agli scafi delle navi e alle carlinghe dei suoi jet da caccia. Dal 2008, come scrive il quotidiano Italia Oggi, le forze navali cinesi eseguono pattugliamenti dell'oceano Indiano nord-occidentale in funzione anti-pirateria. Finora le navi e il personale di Marina si appoggiavano alle basi di altri Paesi, come la Francia e gli Stati Uniti, presenti nella zona. Rifornendosi da loro in fatto di armi, carburante e viveri. Ora, però, gli occhi a mandorla di Pechino sono puntati più che mai verso il Corno d'Africa, perchè il presidente del piccolo stato di Gibuti ha dato il suo ok (in cambio di sonanti yuan) alla creazione di una base militare cinese entro i confini del Paese, che si trova in una posizione ultra-strategica anche per i traffici tra Europa e Asia, trovandosi lungo la rotta che attraversa il canale di Suez nelle due direzioni. Se da un lato il presidente cinese Xi Jinping ha dichiarato che lo scopo di questo insediamento a Gibuti è quello di agevolare il contributo alla pace nell' area, dall' altro molti osservatori sono convinti che Pechino ne approfitterà per difendere i propri interessi commerciali e strategici. Attualmente la Cina conta più di 22 mila aziende con un valore superiore a mille miliardi di dollari (926 mld euro) all' estero. Per proteggerle ci si affida principalmente alla collaborazione con le nazioni interessate, investendo per favorire il loro sviluppo. Spesso, però, ciò non basta e gli interessi delle imprese sono minacciati. E allora anche le basi militari, i soldati e le navi possono fare la loro parte per garantire una maggiore tranquillità a chi si trova oltreconfine in situazioni precarie.

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