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Dalla Cina all'Iran, tiranni in difficoltà: il mondo vuole più libertà

di Corrado Ocone mercoledì 30 novembre 2022

3' di lettura

Il comunismo della sorveglianza cinese non è paragonabile alla teocrazia sciita degli ayatollah. Così come non sono paragonabili il dispotismo cesarista di Putin e la democratura messa su in Turchia da Erdogan. Eppure, un tratto comune è proprio di questi modelli politici, che non a caso etichettiamo come autocrazie: un potere centralizzato e non contendibile che, pur per raggiungere scopi diversi, non ha remore a sopprimere o comprimere la libertà individuale dei cittadini. Cioè quello che noi occidentali consideriamo un bene intangibile e insopprimibile.

Ma poiché noi abbiamo anche una innata tendenza masochistica e autodenigratrice non sempre siamo in grado di elaborare un pensiero all'altezza dei nostri valori. E anzi siamo sempre disposti a esaltare l'efficienza e la bontà di altri sistemi, o semplicemente a dire che tutti i modelli vanno compresi e rispettati nella loro specificità perché d'altronde godono del consenso della popolazione. Quanto quel consenso sia forzato, e solo esteriore o indotto, non siamo disposti a domandarcelo, visti i tabù che ci impone la moda del multiculturalismo.

Diciamo la verità: quando Putin disse qualche anno fa che il liberalismo era obsoleto, non abbiamo forse pensato che sotto sotto avesse ragione? Eppure, la storia sa stupirci. Le coraggiose manifestazioni e proteste che percorrono in questi giorni le succitate autocrazie, e le cui immagini e voci, in barba a ogni rigida censura informatica, ci giungono in tempo quasi reale, stanno a testimoniare che la libertà è un sentimento troppo forte che non lo si può comprimere con facilità perché coincidente con la nostra stessa umanità.

DITTATORI NEI GUAI
D'altronde, anche i più generali eventi di questi mesi mandano un segnale inequivocabile: l'impasse dell'offensiva militare russa in Ucraina, la crisi economica cinese e quella, pur molto più profonda, dell'Iran, ci dicono una sola cosa: la narrazione, da noi spesso accreditata, e che i dirigenti delle autocrazie hanno propagandato, cioè che gli Stati da loro diretti siano più efficienti e forti dei nostri, è semplicemente falsa. Saremo pure rammolliti nel nostro carattere di occidentali soddisfatti, ma la forza e l'energia mancante fra le loro popolazioni è ancor maggiore.

Può esserci vera partecipazione a un'impresa militare, o anche economica, senza una piena adesione della mente e dello spirito? Particolarmente significativo è il caso della Cina, ove il Partito comunista al potere ha scambiato per anni un relativo benessere economico con il ferreo controllo della popolazione, a cui veniva lasciata libertà di movimento e circolazione ma non di espressione. Venuta però meno anche la prima, costretti a un isolamento asociale in nome di un obiettivo astrattamente definito dallo stesso Partito (il "Covid zero"), i cinesi si sono ribellati. Ridotti a uno stato non più umano di pecore portate a spasso da un pastore che si dice lungimirante, le scintille di umanità che albergano negli aninmi di tutti gli uomini sono esplose anche nel Celeste Impero.

CONTROLLO
E non è un caso che gli sforzi dei dirigenti del Partito siano oggi diretti proprio alla creazione di uno Stato orwelliano, cioè alla soppressione di queste scintille attraverso sofisticassimi sistemi informatici che non esitano a indirizzare persino la psiche degli individui in modo da farli comportare in un certo modo (le cosiddette tecnologia del nudge). La protesta cinese sarà duramente repressa e probabilmente rientrerà, ma essa ci trasmette un messaggio preciso: la lotta per la libertà dei popoli non è mai garantita nei suoi rsultati, ma che essa possa spegnersi è altrettanto fallace pensarlo.

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