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La "pace giusta" non si costruisce sui buoni sentimenti ma sulla realtà

Troppa retorica sulla guerra. Di sicuro c'è che 4 anni di conflitto non sono pochi. Soprattutto se la situazione pare essere precipitata in uno stallo come quello attuale
di Corrado Ocone lunedì 22 dicembre 2025

3' di lettura

Se quattro anni vi sembran pochi... Potremmo rispolverare le parole di una vecchia canzone di protesta in prossimità dell’anniversario del 22 febbraio 2022, cioè del giorno in cui iniziò l’aggressione della Russia all’Ucraina. Quattro anni, per un conflitto, sono veramente tanti, soprattutto se la guerra stessa precipita, come in questo caso, in uno stallo da cui sembra impossibile uscire.

Non solo per la protervia dell’aggressore e la pur encomiabile ostinazione dell’aggredito, ma soprattutto per l’incapacità che mostra l’Europa a metter su e a sottoporre ai due contendenti un credibile progetto di risoluzione delle ostilità. Quell’Europa che a tale risoluzione dovrebbe essere interessata più di tutti non solo per questioni di vicinanza geografica, bensì anche per i per lei vitali interessi economici e geopolitici in gioco. E quell’Europa che da sempre è stata il luogo ove hanno dato prova di sé le grandi sintesi politiche e la grande sapienza diplomatica.

Oggi invece il deserto e un vano declamare. Suonano retoriche, anzi ipocrite, le richieste di pace che sentiamo pronunciare ogni giorno, quasi sempre sorrette da un vano indaffararsi senza costrutto. Uno iato profondo sembra ergersi fra i tanti e vari “pacifisti” (più o meno finti) che chiedono la fine delle ostilità senza condizioni e chi vorrebbe invece dichiarare nei fatti guerra alla Russia già oggi.

È uno iato solo apparente perché c’è un elemento che accomuna i due opposti: nell’un caso e nell’altro, la pace viene cercata a prescindere dal “principio di realtà”, che non è un optional ma è la dimensione stessa in cui deve di necessità muoversi la politica, a maggior ragione quella internazionale. La pace non è infatti un ideale, non vive nel mondo dell’iperuranio, ma cammina coi piedi degli uomini, si costruisce con la politica, cioè con la mediazione e il compromesso. Prima di tutto il compromesso fra gli ideali e i reali rapporti di forza, che è la capacità di calare i principi nella “realtà effettuale delle cose” e renderli così efficaci.

“Pace giusta” non è quella che alberga nelle nostre menti e alimenta la nostra immaginazione e il pensiero utopico, ma quella che rende l’utopia reale e quindi anche imperfetta, che cioè sa valutare con attenzione i rapporti di forza in campo e agire di conseguenza. Perché, altra e fondamentale caratteristica del politico, è, come ci ha insegnato Weber, far riferimento costante non solo all’etica della convinzione ma anche e soprattutto a quella della responsabilità.

Certo, è un crinale stretto, e persino pericoloso, quello in cui deve muoversi la grande politica, che può sul momento persino sembrare altalenante e impopolare agli occhi dei più. Ma non ci sono alternative. Il governo italiano ha imboccato questa strada e non è un caso che oggi in Europa il nostro presidente del Consiglio eserciti una indubbia leadership.

L’etica della responsabilità non costruisce sui buoni sentimenti, che sono forieri quasi sempre di guai e tragedie. Senza considerare che essi sono altrettanto spesso il travestimento di “umani, troppo umani” interessi. Non basta essere perla pace e gridarlo. Tutti lo siamo. Il buon politico deve sempre avere in mente il detto evangelico: «Sii candido come la colomba e prudente come il serpente».

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