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Armenia, l'emergenza dimenticata degli sfollati

Roberto Formigoni
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In quanti di noi, cittadini del mondo libero, abbiamo potuto accorgercene, averne notizia? I mezzi di informazione del mondo civile ne hanno parlato il meno possibile o hanno taciuto, nessuna autorità, nessuno dei tanti consessi politici del mondo hanno protestato o sollevato obiezioni.

Eppure un intero piccolo popolo, meno di due settimane fa, ha dovuto abbandonare la sua terra, le sue case, tutti i suoi averi, organizzando in fretta e furia un esodo per cercare di salvare almeno la vita propria e dei propri cari. E lo hanno fatto raggiungendo l’Armenia, che è la loro terra d’origine, la loro patria e rappresenta tutta la loro tradizione, la loro storia.

Chi sono? Sono i 120mila abitanti (ora non più) del Nagorno-Karabak, armeni, da tempo sotto le intimidazioni e le minacce del dittatore azero Aliyev, capo dell’Azerbaigian, paese che è un grande fornitore di energia e materie prime anche all’Europa (Italia compresa), nella cui capitale Baku si corre da anni un Gran premio di Formula Uno, con folto accorrere di media occidentali che, guarda caso, non hanno mai avuto l’idea di gettare un’occhiata a quel che succedeva lì vicino. In poche settimane le minacce e le rappresaglie contro gli armeni sono diventate pesantissime. Per questo i capi del Nagorno-Karabak hanno dapprima dichiarato che il loro stato cessava di esistere, e le sue strutture sarebbero state smantellate entro il 31 dicembre di quest’anno. Ma la persecuzione non è cessata, anzi le minacce di rappresaglie e ritorsioni sono aumentate. Da qui, l’esodo dei profughi, che non è ancora terminato perchè non tutti hanno l’auto o un carretto per fuggire, per questo dall’Armenia stanno organizzando dei pullman per prelevare chi ancora è bloccato.

E nell’ex Nagorno si intensifica la distruzione di tutto ciò che è armeno o cristiano, le chiese, i monumenti, le icone ecc. È un vero genocidio culturale, simile a quello che ha fatto l’Isis nella sua opera di distruzione in altri paesi. Possiamo dire che è un’ulteriore tappa del martirio del popolo armeno, che ha visto come inizio le stragi operate dalla Turchia all’inizio del secolo: fu il maggiore eccidio della storia prima di Hitler, vi perse la vita un milione e mezzo di cristiani armeni, compresi bambini, donne, anziani, malati indifesi, preti. Anche allora una coltre di silenzio cadde ben presto a coprire quei terribili eventi, favorita dalla durissima opposizione della Turchia ad ammettere le atrocità. Da allora la comunità armena ha vissuto in silenzio la memoria di tutto questo, parte nei territori della repubblica di Armenia, parte in vari paesi del mondo, rimanendo fedele alla sua identità. Possiamo pretendere che almeno le autorità europee si pronuncino?

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