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Medio Oriente e non solo: quanti rischi per i nuovi conflitti

Roberto Formigoni
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Come da tempo si temeva, la guerra in Medio Oriente va allargandosi ad altri attori. Hezbollah, il cosiddetto “partito di dio” installato nel sud del Libano, spara ogni giorno un centinaio tra missili e droni sul territorio di Israele; altri gruppi di varia denominazione compiono incursioni e attentati, dentro e fuori la Striscia di Gaza.

La caratteristica comune è che sono tutti armati e finanziati dall’Iran, che li controlla strettamente e comanda le missioni, ma non vuole per ora apparire ufficialmente. Vi è poi un gruppo, sempre sotto il controllo di Teheran, che ha di mira non direttamente Israele ma le nazioni occidentali che appoggiano Israele, e le colpisce in un ganglio economico vitale, lo stretto di Suez. Sono gli Houthi, ribelli nello Yemen, che hanno già colpito oltre venti mercantili di passaggio nello stretto di Bab el-Mandeb, con missili, droni e assalti da scafi ed elicotteri. Lo stretto in questione immette nel mar Rosso e da lì porta al canale di Suez, permettendo alle navi cargo provenienti dall’Oriente di rifornire l’Europa con un grosso vantaggio di tempo e combustibile rispetto alla circumnavigazione dell’Africa. Questo oggi non è più possibile, e il danno è enorme, se si pensa che da lì passava fino a qualche settimana fa il 30% del commercio marittimo mondiale e il 40% di quello italiano. Le grandi compagnie marittime, da Cosco a Msc a Maersk hanno interrotto la navigazione attraverso il mar Rosso e il canale di Suez, e seguono le rotte di circumnavigazione dell’Africa, il che richiede circa due settimane in più e oltre un milione di dollari di carburante in più. Così i costi sono esplosi.

 

Basti pensare che solo nell’ultima settimana il costo della spedizione di un container dal Mediterraneo alla Cina è salito da 153 a 507 euro, e il viaggio in direzione opposta è rincarato di poco meno. C’è chi continua a transitare da Bab el-Mandeb, ma lo fa a suo rischio e pericolo, e sopporta costi di assicurazione saliti alle stelle, tant’è che il traffico si è dimezzato, da 400 a circa 200 navi al giorno. Il bombardamento Usa di venerdì è un atto poco più che dimostrativo e non potrà essere ripetuto. C’è chi suggerisce di abbattere i droni degli Houthi con missili teleguidati, ma i droni costano 2mila dollari al pezzo, ogni missile teleguidato costa più di due milioni. Di questa situazione sono vittime anche, e in misura rilevante, le piccole e medie imprese italiane, soprattutto quelle che commerciano con i paesi del Golfo, l’India, la Cina, il Giappone, l’Australia. Le nostre imprese infatti non riescono ad assorbire i nuovi costi grazie alla quantità, e c’è grande preoccupazione tra gli operatori: i piccoli sono come sempre i più esposti.

 

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