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Iran, Israele ha deciso di colpire: "Sono vicini all'atomica"

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Mirko Molteni
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Sul tavolo del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu si valuta la risposta all’attacco iraniano di sabato sera. Ieri il Wall Street Journal e la NBC davano il raid per «imminente». Il consiglio di guerra ebraico è durato tre ore ed è stato aggiornato a oggi, ma Channel 12 ha anticipato che «Israele ha deciso di rispondere all’Iran e l’Aeronautica ha completato i preparativi dell'attacco». Fra le ipotesi, un'incursione aerea su strutture del programma nucleare persiano. L'ha adombrata il premier britannico Rishi Sunak, riferendo alla Camera dei Comuni di Londra sui rischi di escalation: «Il programma nucleare dell'Iran non è mai stato a uno stadio così avanzato».

L’ALLARME DELL’ATEA
Già dal 27 febbraio scorso l'Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica ha confermato che l’Iran ha accumulato finora 121 kg di uranio arricchito al 60% dell'isotopo U235, necessario alla fissione. Quantità sufficiente a tre bombe atomiche, purché dal 60% venga portato al 90%, il livello “bombabile”. Secondo l’AIEA gli iraniani impiegherebbero “da pochi giorni a poche settimane”, per passare dal 60 al 90% di U235, poi potrebbero costruire un'atomica sperimentale, da collaudare sottoterra «in alcuni mesi», infine, per progettare e costruire una testata nucleare di valore militare, compatta e imbarcabile su missili, potrebbero farcela in due anni. Se si conta anche l'uranio arricchito a basse percentuali, lo stock iraniano assomma a 5.525 kg.

Dato che l'aviazione israeliana si addestra da anni a un raid sugli impianti atomici iraniani è possibile che si sfrutti l’occasione. Al consiglio di guerra di ieri erano presenti, oltre al ministro della Difesa Yoav Gallant e all’ex generale Benny Gantz, anche il comandante dell’aviazione Aluf Tomer Bar e il direttore del Mossad, David Barnea. Secondo l'esperto israeliano Lion Udler, ex comandante in un'unità antiterrorismo, intervistato da Agenzia Nova, Israele potrebbe usare missili Gerico, oppure caccia F-15 ed F-35, armati di bombe a penetrazione anti-bunker, per colpire i centri di arricchimento dell'uranio iraniano di Fordow e Natanz, incavernati nella roccia. Israele, del resto, ha già usato contro i tunnel di Hamas a Gaza la bomba americana GBU-72, capace di penetrare per 30 metri nel sottosuolo, oppure 6 metri di cemento armato. Altro bersaglio potrebbe essere la fabbrica di Karaj da cui escono le centrifughe utilizzate per separare l'U235 dall'U238. Non è da escludere un ruolo dei sottomarini israeliani classe Dolphin, armati con missili Popeye, a testata nucleare, ma anche convenzionale, se almeno uno di essi è presente nel Mare Arabico. In alternativa, Israele potrebbe bombardare la fabbrica di droni Shahed di Isfahan. Indiscrezioni di fonte israeliana al Washington Post sostengono che «Netanyahu ha chiesto una lista di obbiettivi e vorrebbe lanciare un messaggio senza causare vittime, con un raid su una struttura di Teheran o con un attacco informatico». «Il raid ci sarà», ha promesso Gallant al segretario alla Difesa USA Lloyd Austin, poiché «Israele non può accettare che l'Iran risponda con un attacco diretto ogni volta che Israele colpisce obiettivi in Siria». Intanto emergono dettagli sulla notte del 13-14 aprile.

Funzionari USA hanno riferito ad ABC News che sono stati 9 i missili balistici iraniani arrivati sui bersagli, colpendo due basi aeree nel Negev. Cinque vettori hanno danneggiato nella base di Nevatim una pista, un aereo C-130 e un magazzino. Gli altri quattro hanno causato danni irrisori alla base di Ramon. Il presidente francese Emmanuel Macron ha rivelato che l’aviazione di Parigi ha aiutato Israele da un Paese limitrofo: «Abbiamo una base aerea in Giordania. Lo spazio aereo giordano è stato violato dai droni iraniani. Abbiamo fatto decollare i nostri aerei e abbiamo intercettato ciò che dovevamo intercettare». Nella Striscia di Gaza, proseguono le operazioni mirate contro Hamas e la Jihad Islamica a Nuseirat, ma sono fermi i negoziati per la liberazione degli ostaggi. L’ostacolo principale, anche al cessate il fuoco, è Hamas, afferma il portavoce del Dipartimento di Stato americano Matthew Miller citato dal Times of Israel. Israele si è mosso in «modo significativo» per presentare una proposta ragionevole nei colloqui in corso sugli ostaggi, ha detto Miller durante un briefing. «C’è un accordo sul tavolo che consentirebbe di ottenere molto di ciò che Hamas sostiene di voler ottenere, ma non ha accettato quell’accordo», dice Miller, perciò «deve spiegare al mondo e al popolo palestinese perchè non lo accetta».

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