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Gioconda di Leonardo, "ecco le prove": quella del Lovure è una copia?

di Silvano Vinceti sabato 25 gennaio 2025

3' di lettura

La storia della Gioconda è intrecciata da grappoli di enigmi che l’accompagnano da secoli. Storici ed esperti di Leonardo hanno sfornato varie teorie sulla nobildonna raffigurata pur se le più accreditate rinviano alla Lisa Gherardini, nobildonna fiorentina detto Monna Lisa del Giocondo. Un’altra teoria sottolinea l’uso da parte di Leonardo di un secondo modello, il suo allievo prediletto Gian Giacomo Caprotti detto il Salai, di cui si avvalse per altre opere come il San Giovanni Battista. Fin dal XVI secolo circolano scritti su due Gioconde realizzate dal genio toscano. Anche sulla vendita del dipinto la narrazione dominante, che fu l’altro suo allievo Francesco Melzi a venderla a Francesco primo re di Francia, non ha fondamenti solidi. Non esiste un documento della vendita per 4.000 ducati d’oro.

Nel 1999, lo studioso francese Bertrand Jestaz ha scoperto un accordo, risalente al 1518, tra il Salai e il re Francesco I di Francia dal quale si ricava l’informazione che, a quella data, l’allievo di Leonardo aveva venduto al sovrano francese alcuni dipinti (tra i quali proprio la Gioconda) per una robusta somma. Il rapporto fra Leonardo e il Salai durò 25 anni circa. Di lui Leonardo scrisse: «Ladro, bugiardo, ostinato e ghiotto». Il Salai era in grado di riprodurre fedelmente le opere del maestro ed era sempre in cerca di soldi. Risulta strano e paradossale che il re di Francia acquisti una Gioconda da un allievo sconosciuto di Leonardo e la paghi profumatamente.

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Altri argomenti sulla possibilità che la Gioconda esposta al Louvre sia un falso d’autore vengono offerti dal risultato di un attento esame compiuto attualmente da uno staff di esperti sulla perizia realizzata nel 1912-1913 sul dipinto ritrovato dopo il suo furto nel 1511. Tale perizia fu commissionata a tre sedicenti esperti al fine di accertare se l’opera ritrovata fosse autentica o no. L’attuale risultato dello staff scientifico non dà adito a dubbi: la perizia eseguita sul dipinto ritrovato non è in grado di distinguere se si tratti di un originale odi una perfetta riproduzione. Vi è un’ altra inquietante indagine compiuta nel 2004 sulla Gioconda del Louvre da un prestigioso laboratorio francese (Lumière technologie).

L’esame con l’applicazione della tecnologia del turbo-scanner ha individuato tre strati preparatori: nel primo appare una giovane donna dal sorriso malinconico, nell’ultimo strato una giovane donna con un sorriso dissimile da quel che vediamo. Questa anomalia può ricondurre alla prassi di bottega tramite la quale Leonardo addestrava i propri allievi. E, quindi, un argomento in più a sostegno della possibilità che la Gioconda esposta al Louvre sia stata realizzata dal Salai. Componendo il mosaico offerto dalle varie testimonianze storiche emerge la possibilità che il Salai abbia avvolto in un alone di satira anche il furto della Gioconda del 1511. Non modifica le storiche ricostruzioni, ma arricchisce la rocambolesca vicenda con l’entrata in scena di un apparente paradosso storico: chi ha rubato la Gioconda ha rubato un falso d’autore. Infine, i milioni di turisti che ammirano il dipinto potrebbero contemplare una perfetta riproduzione eseguita dal Salai o no?

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