Qualcuno dovrebbe chiedere scusa a JD Vance. Ricordate l’affondo del vicepresidente americano a Monaco sull’«allontanamento dell’Europa da alcuni dei suoi valori fondamentali?». Proprio dalla Germania arriva un (altro) indizio pesante sulla febbre che attanaglia la democrazia nel Continente in cui è stata escogitata. L’Ufficio federale per la protezione della Costituzione (che rientra nel “controspionaggio interno”) ha ufficialmente classificato il partito di Afd come appartenente all’«estrema destra».
Non è una disputa di teoria politologica, ma un marchingegno vagamente distopico che rischia di innescare ricadute assai pratiche: mentre prima Afd era soltanto sospettato di «estremismo» (che poi richiederebbe una definizione condivisa, altrimenti il sospetto è che equivalga a tutto ciò che turba lo status quo delle Grandi Coalizioni), ora vi è la “certezza”. Conclusione: «La concezione prevalente del partito è incompatibile con l’ordinamento fondamentale di una libera democrazia». Focalizziamo: i servizi segreti di un Paese europeo mettono un partito di quello stesso Paese fuori dal consesso democratico.
Non un partito qualsiasi peraltro, ma quello che oggi tutti i sondaggi collocano come primo nel gradimento degli elettori tedeschi. Con sullo sfondo lo spettro della messa al bando, appoggiandosi come leva all’articolo 21 della Costituzione: «Sono incostituzionali i partiti che cercano di indebolire o abolire l’ordine fondamentale democratico libero» (non a caso, è la formula ricalcata quasi identica contro Afd). Il tentativo è espellere dall’agone un partito ultraconservatore e identitario, ma non neonazista, ed è dura non chiamarlo liberticida. Non ha ritrosie a farlo il Segretario di Stato americano Marco Rubio, che in serata posta su X: «Questa non è democrazia, è tirannia mascherata». Senz’altro, siamo al culmine di un percorso ossessivo-vessatorio che, appunto, ha soltanto fatto gli interessi del partito di Alice Weidel. L’ultima campagna elettorale è stata sostanzialmente una rincorsa collettiva ad assicurare: mai accordi con Afd.
Risultato: al voto federale del febbraio scorso il partito ha superato il 20%, raddoppiando i consensi. Nonostante l’oggettivo exploit, e il parallelo tracollo socialdemocratico, il sistema si è involuto nella coazione a ripetere del “cordone sanitario”: ennesima Grande Coalizione, i barbari fuori, e liberi di incassare l’ulteriore, ovvio scontento per uno schema che più logoro non si può.
Rilevazione del 23 marzo: Afd sale al 22,5%. Il sistema non fa un plissé, continua con le manovre di sottocoperta. Fino al 6 aprile, diffusione di nuovi sondaggi: la destra raggiunge la Cdu, entrambe al 24%. Ma è questione di giorni: il 9 aprile Afd stacca il partito di Merz, è prima da sola al 25%. Che diventa 26% con l’ultimo dato disponibile, una settimana fa.
Non c’è bisogno di avere l’acume di un novello Kissinger per concludere: la marginalizzazione (e ormai criminalizzazione esplicita) di Afd è il principale carburante della sua ascesa. Nonché fallace nel merito: per quanto portatore di una storia non priva di ambiguità, oggi il partito della Weidel (omosessuale dichiarata, en passant) con la sua opposizione radicale a ogni tentativo di islamizzazione della società rappresenta fattualmente un argine a favore degli ebrei tedeschi. Ma questa è realtà, non bisogna turbare il romanzone demonizzante (ora anche spy story). Che a breve, ci concediamo la più comoda delle profezie, significherà Afd oltre il 30%.