Fidel Castro alleato con il Cartello di Medellín per esportare droga negli Stati Uniti: è stato proprio Carlos Lehder, tra i capi del famigerato Cartello, a fare la rivelazione, peraltro confermando sospetti precedenti. Che elementi di punta del regime dell’Avana si fossero imbarcati col narcotraffico, in effetti, fu proprio la giustizia cubana ad attestarlo nel 1989, quando 14 alti dirigenti furono accusati di avere aiutato il Cartello di Medellín a contrabbandare sei tonnellate di cocaina colombiana via Cuba, in cambio di 3,4 milioni di dollari. Il 13 giugno di quell’anno il generale Arnaldo Ochoa, già comandante del corpo di spedizione in Angola, fu per questo fucilato, assieme al colonnello Antonio de la Guardia, al capitano Jorge Martínez Valdés e al maggiore Amado Padrón Trujillo. Il generale Patricio de la Guardia, gemello di Antonio e come lui pezzo grosso dei Servizi, fu invece condannato a 30 anni, anche se lo liberarono dopo otto.
In molti però dubitarono che in un regime come quello cubano personaggi del genere potessero avere agito di testa propria, e non mancò chi ipotizzò che la vera ragione della purga potesse essere stato il sospetto che Ochoa volesse promuovere una riforma di tipo gorbacioviano. Lehder in un libro appena uscito conferma ora che Fidel era perfettamente a conoscenza del tutto e che le tonnellate di cocaina esportate sarebbero state centinaia e centinaia. Vida y muerte del cartel de Medellín è il titolo del libro. Lehder vi ammette di essere la persona che ha messo in contatto il cartello di Medellín, guidato da Pablo Escobar, con diversi governi centroamericani, tra cui il regime di Noriega a Panama e quello sandinista in Nicaragua.
«Sono stato invitato dal governo comunista di Cuba, dalla dittatura di Castro, a gestire una linea lì, una rotta del traffico di cocaina verso gli Stati Uniti», ha pure raccontato. Poi fu estromesso dal Cartello, ma Escobar continuò il rapporto con l’isola rossa. Il legame è stato confermato da Enrique García, ex funzionario della Direzione dell'intelligence cubana che nel 1989 disertò. Secondo lui, Ochoa venne usato come capro espiatorio quando Castro seppe che sul narcotraffico cubano si stavano svolgendo indagini. Peraltro, non è solo il regime castrista a essersi dato allo spaccio. Tutta la componente più radicale dei governi di sinistra che all’inizio del millennio andarono al potere con la cosiddetta “Marea Rosa” ha avuto compromissioni del genere, sia pure in misura diversa. In Bolivia, Evo Morales ascese al potere proprio come leader di un sindacato di cocaleros, coltivatori di coca.
In Ecuador Rafael Correa è stato accusato di aver patteggiato con i cartelli accordi il cui effetto è stato che il Paese, fino aad allora tra i più tranquilli del continente, è finito in pieno nella guerra della droga, divenendo già nel 2022 il terzo Paese al mondo per sequestri di cocaina dopo gli Stati Uniti, primo consumatore, e la Colombia, primo produttore. Anche il Venezuela di Nicolás Maduro si è trasformato da Paese di transito in Paese produttore di cocaina, dopo che nel 2005 Hugo Chávez aveva deciso di porre fine all'accordo di cooperazione antidroga tra il Venezuela e la Dea statunitense. Le accuse contro il governo di Caracas per i suoi presunti legami con operazioni finanziarie legate al traffico di droga sono appunto aumentate di intensità durante il mandato di Maduro. Vero che il volume della coltivazione della foglia di coca in Venezuela, rappresentato in alcune centinaia di ettari, è ancora molto inferiore a quello della Colombia, il più grande produttore al mondo con 200.000 ettari, del Perù, con 20.000 ettari, o della Bolivia, con quasi 10.000. Alcune fonti sottolineano che, più che le coltivazioni, sono proliferati i laboratori di trasformazione, soprattutto negli Stati di pianura, come Cojedes, o nella parte orientale del Paese.
«Il traffico di droga ha acquisito importanza come componente delle strategie di Maduro per aggrapparsi al potere di fronte agli attacchi subiti dal suo governo», afferma il think tank Insight Crime. «Il suo obiettivo non è stato quello di appropriarsi delle ricchezze del commercio transnazionale di cocaina, ma di controllarne e incanalarne il flusso, utilizzandolo come meccanismo per premiare i poteri politici, militari e criminali di cui Maduro ha bisogno per mantenere il controllo del governo». A gestire il tutto è il cosiddetto Cartel de los Soles, così chiamato per il simbolo del sole dei militari venezuelani. Non è una organizzazione criminale gerarchica di tipo classico, che può uccidere selettivamente persone sotto il comando di un boss, come accade in Colombia o in Messico. Viene piuttosto definita come una fitta rete di soldati che fanno affari con i narcotici e che sono tollerati dal governo in cambio del sostegno alla rivoluzione. Con loro il peso del Venezuela nel traffico di cocaina è passato dall’1 al 25% del mercato mondiale. Il traffico di cocaina è stato utilizzato anche come fonte di finanziamento da vari gruppi armati di estrema sinistra in America Latina: dalle Farc e Eòn in Colombia, a Sendero Luminoso e Mrta in Perù. Per questo sui sono anche sparati addosso – e in Colombia anche con gruppi armati di estrema destra, trafficanti a loro volta.
Fuori dell’America Latina, la stessa Unione Sovietica fu accusata di utilizzare l’«arma della droga» per destabilizzare l’Occidente. Nel giugno del 1986, ad esempio, nel porto di Rotterdam, nei Paesi Bassi, furono sequestrati 220 kg di cocaina a bordo di una nave da trasporto sovietica. Un carico proveniente da una zona dell’Afghanistan confinante con il Pakistan e controllata dall’allora governo comunista di Kabul, e che era stato trasportato con autocarri in Uzbekistan, inoltrato per ferrovia attraverso l’Unione Sovietica fino a Riga in Lettonia, dove era stato poi imbarcato sulla nave di linea in questione. Nel 1987 carichi dello stesso tipo erano stati sequestrati ad Anversa, in Belgio, e a Ottawa, in Canada, all’interno di container sovietici.
Poi, l’Urss è scomparsa.
Ma c’è la Cina, dove il Partito Comunista è ancora al potere, anche se in un quadro economico non più socialista ma di capitalismo di concessione, come è stato definito. E la Cina è oggi accusata per il boom del fentanyl: un oppioide sintetico il cui consumo è decollato durante la pandemia di Covid, che uccide sempre più gente negli Usa in Canada, che rafforza i cartelli messicani, e che è prodotto a partire da precursori chimici appunto made in China. Il governo di Xi non sembra avere troppa intenzione di mettere sotto controllo questo export.
Originariamente sviluppato per soddisfare la necessità di antidolorifici più forti e utilizzato negli ospedali per le procedure chirurgiche, il fentanyl è diventato un ingrediente economico e abbondante nel traffico illegale di droga, spesso utilizzato per rafforzare o espandere le scorte di altre droghe illecite. Fino a 100 volte più potente della morfina nella sua forma di prescrizione e 50 volte più potente dell'eroina, il fentanyl può provocare una overdose fatale con soli due milligrammi, equivalenti a pochi granelli di sale, e infatti tra 2016 e 2021 i decessi sono triplicati, e negli Stati Uniti il fentanyl è diventato la principale causa di morte per le persone di età compresa tra i 18 e i 49 anni. È vero che ora stanno calando. Parliamo comunque di 114.000 morti tra agosto 2022 e agosto 2023, e di 87.000 tra settembre 2023 e settembre 2024.