Israele è pronto a lanciare un'operazione in Iran. Lo riportano oggi diversi media americani, spiegando che proprio la preoccupazione per un possibile attacco israeliano e il timore di ritorsioni da parte di Teheran hanno spinto l'amministrazione Trump a ritirare i diplomatici dall'Iraq e ad autorizzare la partenza volontaria dei familiari dei militari presenti in Medio Oriente.
Funzionari Usa hanno tuttavia confermato la missione in Oman, domenica prossima, dell'inviato speciale Usa per il Medio Oriente, Steve Witkoff, per il sesto round di negoziati tra Washington e Teheran sul programma nucleare iraniano.
Interpellato dalla stampa sui motivi del ritiro del personale Usa dal Medio Oriente al suo arrivo al Kennedy Center, ieri il presidente Donald Trump ha risposto che la regione "potrebbe essere un posto pericoloso, e vedremo cosa succederà". Trump ha quindi ribadito che gli Stati Uniti non vogliono che l'Iran sviluppi un'arma nucleare: "Non lo permetteremo". Secondo quanto riferito al New York Times da un alto funzionario iraniano, funzionari militari e governativi iraniani si sarebbero già incontrati per discutere la risposta a un possibile attacco israeliano e Teheran avrebbe messo a punto un piano che prevederebbe un contrattacco immediato, con il lancio di centinaia di missili.
Nel frattempo il presidente della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti, Mike Johnson, si recherà in Israele e terrà un discorso alla Knesset (il parlamento monocamerale) il 22 giugno prossimo. Lo ha annunciato lo stesso Johnson in una nota diffusa ieri. "Sarà uno degli onori più grandi della mia vita parlare alla Knesset in questo momento decisivo," ha dichiarato Johnson, sottolineando che i legami tra Stati Uniti e Israele "vanno oltre i partenariati militari e gli accordi commerciali: condividiamo la stessa fede, gli stessi salmi e la stessa sacra ricerca della libertà".