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Iran, "per quello servono le bombe Usa". Cosa sa Cecilia Sala

domenica 15 giugno 2025

2' di lettura

"Quello di Israele è un attacco per far crollare il regime iraniano, non per distruggere il programma atomico". A sottolinearlo in una intercista su La Stampa è Cecilia Sala, giornalista italiana che tra dicembre e gennaio scorsi era stata incarcerata per tre settimane a Teheran.

"E' più facile creare le condizioni per il collasso del potere piuttosto che distruggere le centrifughe per l'arricchimento dell'uranio" per le quali "servirebbero le bombe da 14 tonnellate che soltanto gli americani hanno", ha osservato. Per Cecilia Sala Israele "sta colpendo in maniera indiretta il programma atomico ma sta anche prendendo di mira i leader militari secondo il copione già seguito con Hezbollah" a Beirut. 

Resta l'incognita di un eventuale crollo del regime: "Non esiste oggi in Iran un'opposizione politicamente organizzata con un piano per sostituire Khamenei. Né credo che Israele abbia idea di quale dovrebbe essere il nuovo Iran". Uno scetticismo forse suffragato dalla conoscenza diretta che la Sala ha avuto sul terreno iraniano e, suo malgrado, della forza che il regime ha ancora, nonostante una crisi conclamata che va avanti da anni.

 L'8 gennaio scorso, infatti, la giornalista è tornata in Italia dopo aver trascorso 20 giorni in isolamento nel famigerato carcere di Evin a Teheran, quello riservato ai dissidenti politici del regime. Era stata arrestata prima di Natale con la fumosa accusa di aver "violato le leggi della Repubblica islamica" ma fin da subito si era capito che gli Ayatollah l'avevano usata come un ostaggio da usare nei confronti dell'Italia e degli Usa per ottenere la scarcerazione di Mohamed Abedini, il ricercatore iraniano finito in manette all'aeroporto di Malpensa qualche giorno prima del fermo della Sala a Teheran. 

Abedini era sospettato di aver portato illegalmente componenti tecnologiche dagli Stati Uniti all'Iran necessarie per la costruzione di droni militari. Una spy story internazionale in piena regola, insomma. Come quella, macroscopica, che ha condotto all'operazione Rising Lion.

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