Gli Usa di Donald Trump hanno attaccato l'Iran. E dopo il blitz, molteplici e autorevoli voci nel settore della difesa statunitense ritengono che Teheran non resterà a guardare di fronte alle recenti offensive americane. Joseph Votel, generale in pensione ed ex comandante del Comando Centrale degli Stati Uniti (Centcom), ha avvertito che la reazione iraniana potrebbe assumere varie forme: da azioni dirette contro obiettivi militari o diplomatici americani in Medio Oriente ad attacchi informatici, operazioni terroristiche, offensive dei gruppi alleati dell’Iran, fino a possibili manovre per bloccare le forniture energetiche dal Golfo Persico.
I grandi hub militari degli Stati Uniti situati in Qatar, Bahrein e Kuwait sarebbero tra i bersagli più probabili secondo Votel, che ha dichiarato al Financial Times: "molto probabili" obiettivi dell'Iran, spiegando anche che il Centcom avrebbe già predisposto misure precauzionali per far fronte a un’eventuale rappresaglia.
Dana Stroul, che ha ricoperto il ruolo di vice segretario alla Difesa per il Medio Oriente, ha sottolineato che le prossime mosse chiariranno se l’ex presidente Donald Trump sia "preparato alle conseguenze".
Prima che gli Stati Uniti intraprendessero l’azione militare, anche Elliott Abrams – già inviato speciale per Iran e Venezuela durante il primo mandato di Trump – aveva lanciato un monito: l’Iran potrebbe prendersela con partner strategici degli Usa nella regione, come Emirati Arabi Uniti o Arabia Saudita. Inoltre, aveva evidenziato un potenziale effetto globale se Teheran dovesse decidere di bloccare un punto nevralgico del commercio petrolifero: "Farebbe immediatamente aumentare i prezzi mondiali del petrolio", aveva dichiarato.
Sulla capacità di reazione iraniana, è intervenuto anche Frank Kendall, ex segretario dell’aeronautica statunitense, convinto che Teheran sia già in grado di colpire con "una serie di missili balistici, missili da crociera e droni".
Attualmente, il contingente militare americano nel Medio Oriente comprende circa 40mila tra soldati e personale, dislocati in diverse basi nei paesi del Golfo come Bahrein, Kuwait, Qatar ed Emirati Arabi Uniti, ma anche in Egitto, Iraq, Giordania, Oman, Arabia Saudita e Siria. Molti di questi siti sono protetti da sistemi di difesa aerea, ma rimangono comunque vulnerabili ai missili a corto raggio di cui dispone l’Iran.
A rafforzare la presenza statunitense nella regione ci sono anche cacciatorpediniere e gruppi d’attacco navali, tra cui il gruppo da battaglia della portaerei USS Nimitz, atteso a breve. Kendall ha infine sottolineato l’alto livello di allerta tra le forze americane nella regione: "Sono sempre in stato di allerta ragionevole a causa di potenziali attacchi, ma presumo che ora lo siano ancora di più."