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AfD, il sondaggio manda in tilt la sinistra: cosa pensano 3 tedeschi su 4

di Giovanni Sallusti mercoledì 23 luglio 2025

3' di lettura

Il popolo spesso è più sapiente dei finti sapienti, la sua facoltà di intuire l’essenza delle cose è più penetrante della cultura media che la classe politica e intellettuale si rimpalla nella propria bolla, in un perenne rito di auto-rassicurazione rispetto alla volgarità del mondo. Tesi della bolla: il partito di Alternative für Deutschland va bandito dal consorzio civile e dalla scheda elettorale, serve un’impuntatura anti-democratica per tutelare la (loro) democrazia.

È una tesi che in Germania è fuoriuscita dalle accademie e dai salotti grancoalizionisti, è diventata prassi istituzionale e perfino spionistica. Non per modo di dire: il controspionaggio interno a maggio ha classificato Afd «incompatibile con l’ordinamento democratico», quindi sottoponibile a un monitoraggio a tappeto (poi ha formalmente sospeso la decisione finché il Tribunale si pronuncerà sull’inevitabile ricorso presentato dal partito). Dopodiché sono arrivati i buoni, i giusti, i tolleranti, i sinceramente democratici, insomma quelli della Spd (in rotta di consenso) a evocare sic et simpliciter la messa fuori legge degli avversari (qualcosa che già realizzò un cancelliere nel 1933, tal Adolf Hitler). E, ovviamente, tutta la grancassa intellettuale di complemento ad applaudire in coro, in Germania e in Europa, compreso dalle nostre parti: dagli al nazista immaginario (nonostante la leader Alice Weidel avesse correttamente inscritto la storia del nazional-socialismo in quella del socialismo, dichiarandosene agli antipodi da conservatrice libertaria estrema).

Fin qui, le paranoie della bolla attorno a quello che nel febbraio scorso è risultato il secondo partito alle elezioni federali, e che nel frattempo secondo i sondaggi è ulteriormente salito dal 20,8% al 23%. Poi, arriva la percezione del tedesco in carne, ossa, fatturato (in calo, dopo lustri in cui hanno governato tutti tranne i puzzoni di Afd), lavoro (magari perso a causa della follia del Green Deal che si è abbattuta sull’industria nazionale, contestata pressoché in solitudine dai puzzoni), frequentazione quotidiana di quella che rimane una società aperta nonostante le fregole censorie dell’intellighenzia.

Sì, un common sense saldato nella realtà, sotto forma di ricerca curata dall’Istituto Allensbach, uno dei più autorevoli del Paese: soltanto il 27% dei tedeschi vedrebbe di buon grado il divieto ad Afd di partecipare alla vita politica. La maggioranza assoluta della popolazione (52%) è espressamente contraria alla messa fuori legge, la quota restante comunque non si dichiara a favore del Niet. Morale (confortante): il 73% dei tedeschi non vuole oggi cacciare arbitrariamente dal perimetro democratico un partito che gode del consenso di quasi un quarto dell’elettorato.

Fuori dai talk show, nostri e loro, è per logica elementare una buona notizia. Peraltro, solo il 5% degli intervistati considera questi milioni di elettori una banda di “estremisti”: è evidente che non c’è un impazzimento nostalgico, in Germania, bensì una legittima, democratica e crescente avversione all’establishment. La quale peraltro, fa notare l’Istituto Allensbach, verrebbe ulteriormente alimentata dal “sospetto” che il “sistema” sia all’opera per eliminare il dissenso, l’alternanza, la stessa concorrenza politica. Forse, i cosiddetti partiti “tradizionali” dovrebbero cacciare seduta stante le frotte di consulenti, comunicatori, analisti del proprio ombelico, e aprire le porte, aggirarsi per strada, andare al supermercato, o ancora meglio al negozio all’angolo. Insomma, risintonizzarsi con quel “demos” che risulta ancora la radice, fin etimologica, della democrazia.

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