Il nemico numero uno di Israele si chiama Europa, un continente che si divide in due parti: una che odia gli ebrei e l'altra che odia gli israeliani. Da un punto di vista politico il confine è quello fra destra e sinistra; la frontiera geografica è invece fra l'est e l'ovest.
In realtà parlare di odio è fuorviante. Ne ha scritto in modo esauriente Antonio Socci ieri. Resta forse una ultima considerazione da fare, che prende le mosse da quanto sostenuto da Pierre Manent: gli europei non capiscono Israele perché non comprendono più lo Stato nazionale. Ragionano in termini di legalità internazionale e sono convinti che tutto si risolva con la trattativa e gli incentivi economici. Nessuno o quasi qui sulla sponda nord del Mediterraneo darebbe mai la vita per la patria e men che meno per la religione, che è la patria degli islamici. Peggio ancora: pensiamo che tutti debbano comportarsi come noi.
Gli incidenti che coinvolgono israeliani ed europei si moltiplicano, dagli arresti di militari dello stato ebraico in Belgio, all’assalto della nave in Grecia, fino al caso dei ragazzi cacciati da un aereo perché avrebbero cantato in ebraico.
Non è corretto prendere per oro colato le versioni degli israeliani. È vero invece che loro sono a dir poco molto irritabili quando vengono da noi. Che ci sia della provocazione in certi loro atteggiamenti non si può nascondere. Fanno così per una ragione semplice: sono patriottici. E militaristi. E ovviamente perché non sopportano l'idea di assomigliare all'ebreo pavido e remissivo del passato. Insomma Israele è un normale stato sovrano , non riconosce alcuna autorità sopra di sé e ha la propria conservazione come fine più elevato. Se viene attaccato, si difende. Se l'attacco nemico mette in pericolo la sua esistenza, come è il caso con Hamas e Iran, allora combatte con particolare accanimento. Se capisce infine di rischiare l'annientamento, risponde di conseguenza.
L'Europa occidentale è tutto il contrario : se viene attaccata chiama in aiuto l'America e poi fa finta di dimenticare che certe cose hanno un costo. Se viene aggredita dal terrorismo islamico, lascia che a risolvere il problema sia la Russia. Mosca è nostra nemica ma è grazie a Putin che l'Isis è stata militarmente sconfitta e di cose come il Bataclan non se ne sono più viste dalle nostre parti.
Gran Muftì, il suo predecessore? Arruolava SS islamiche
Persino la croce gli risultava preferibile all’odiatissima stella di David, purché fosse quella uncinata. I...A ben vedere, i palestinesi capiscono gli israeliani meglio di noi europei: entrambi i popoli vivono entro un orizzonte segnato dalla morte violenta. Yahya Sinwar, genio del crimine e della politica, ha passato la sua esistenza a studiare il nemico e quello cui stiamo assistendo a Gaza è la realizzazione della trappola da lui ideata per fare cadere Israele. Ciò dimostra come il fatto che ci si capisca bene non sia di per sé un motivo perché si arrivi ad un modus vivendi pacifico. Anzi.
Israeliani e palestinesi si odiano ma in qualche modo si rispettano (effetto della paura). Invece gli israeliani e probabilmente anche gli arabi disprezzano gli europei. Non ci sopportano più. E duemila annidi persecuzioni non aiutano a creare buoni rapporti. Se non hai un ebreo sotto mano da vessare te lo devi inventare. È il destino degli spagnoli che si sono disfatti della gran parte dei giudei insieme ai moros nel 1492. Hanno inventato il concetto della “limpieza de sangre”, l'idea che sta alla radice del razzismo moderno e della pulizia etnica. Poi la loro storia fu un susseguirsi di predicare male e razzolare bene con il caso limite del regime franchista il quale alternò una feroce retorica antigiudaica al salvataggio degli ebrei, quei quattro gatti circoncisi rimasti nella Penisola Iberica e tanti rifugiati in fuga dai nazisti e dai loro complici. In Spagna l'antisionismo ancora oggi è tanto diffuso quanto teorico, fondato sul terzomondismo e i buoni sentimenti. Alla Joseph Borrell.
Ma è il peggiore degli antisemitismi. Quello tradizionale di destra razzista e “orientale” per quanto disgustoso oggi ha conseguenze meno gravi. Invece riconoscere adesso lo stato palestinese, come fa Macron seguendo Sanchez, dopo i massacri del 7 ottobre e le guerre contro Teheran e i suoi alleati, per tacere del fatto che Hamas è lungi dall’essere sconfitta e che l’altra organizzazione politico-militare palestinese, Fatah, ha dimostrato ampiamente di non essere all’altezza del suo compito storico, suona fra Tel Aviv e Gerusalemme come la più sanguinaria delle provocazioni. Ma l’Europa non lo comprende né sembra in grado di capire gli israeliani e neppure i palestinesi.